Bob Morse compie 60 anni

04.01.2011 11:58 di  Matteo Marrello   vedi letture
Fonte: La Prealpina
Bob Morse ai tempi della grande Ignis Varese
Bob Morse ai tempi della grande Ignis Varese

I formidabili anni dell'Ignis Varese sono «un ricordo bellissimo», e Bob Morse continua ad avere «l'Italia nel cuore». Ma lui, che di quegli anni e di quella Ignis fu il simbolo, e che di Varese è cittadino onorario non è di nostalgia che intende vivere la sua vita. Oggi, al suo sessantesimo compleanno, Bob Morse è più che mai impegnato a vivere il suo presente americano, che poco ha a che fare con il basket ma ancora molto con l'Italia. L'ex campione, nato a Filadelfia il 4 gennaio del 1951, vive infatti una sorta di seconda giovinezza da quando, quattro anni fa, ha deciso di lasciare una più che comoda carriera di manager per intraprendere un'attività del tutto nuova: insegnare Italiano al Saint Mary's College di Notre Dame, in Indiana. «Mi piace moltissimo. Sono professore universitario e insegno sia lingua, sia letteratura - spiega -. Mi sono specializzato nel racconto italiano nel XX secolo. Per insegnare ho preso a prestito per i miei corsi anche i grandi film». Per esempio? «Per esempio "Il gattopardo" di Tornasi di Lampedusa, "La ragazza di Bube" di Cassola, i racconti di Piero Chiara, che era varesino e che ha uno stile accessibile per uno straniero. E' un'attività che mi piace moltissimo». Dall'Indiana, dove vive e lavora, il professor Morse è costantemente in contatto con l'Italia, sia per motivi professionali, sia per motivi affettivi.

«L'Italia è il mio passato, ma in qualche modo anche il presente. Vado ogni anno a trovare gli amici, sia a Varese, sia a Roma, e conto questa estate di fare del volontariato. Ad essere sincero mi sento un po' italiano. Ma credo che vivere di ricordi sia sbagliato. Bisogna essere coerenti con la propria età, senza pensare troppo al passato ne troppo al futuro, ma concentrandosi sul presente. E' una questione di equilibrio».

Le piace l'America di Obama?
«Aveva alcune idee buone, come la sanità per tutti. Solo che credo ci siano interessi molto potenti, le grandi società influenzano troppo la politica degli Usa. Molte riforme da fare rimangono bloccate a causa di questi interessi. Obama fa quel che può». Dei gloriosi giorni con l'Ignis, Morse oltre ai compagni di squadra rimasti per lui grandi amici, come Meneghin, Ossola, Zanatta e Lucarelli, conserva ovviamente un mare di ricordi».


Il più bello?
«Il primo scudetto, quando vincemmo a Bologna in campo neutro contro il Simmenthal Milano. Avevamo appena vinto la Coppa dei Campioni contro l'Armata Rossa. Quella vittoria fu la conferma che AzaNikolic aveva fatto bene a prendermi al posto di Raga».

E il ricordo più brutto?
«La sconfitta per soli due punti contro il Real Madrid nella finale di Coppa dei Campioni del 1974 a Nantes. Fu un grande dispiacere».


Come valuta il basket "americano" degli italiani d'esportazione Gallinari, Belinelli e Bargnani?
«Non seguo molto. In parte per mancanza di tempo, in parte per mancanza di gusto. La squadra di D'Antoni mi sembra abbia un bel gioco collettivo, quello che piace a me. In genere l'individualismo non mi piace».


Qualcuno in Italia ha scritto che secondo Michael Jordan con le regole del basket di oggi Bob Morse arriverebbe a 70 punti a partita...
«Non mi sembra una dichiarazione attendibile. Ma riconosco che, con il tiro da tre a disposizione, forse avrei potuto mettere a segno 6-8 punti in più». A chi dedica i suoi 60 anni? «Non saprei, non so rispondere. Lo ripeto: bisogna essere coerenti con la propria età. Ma lo ammetto, la cittadinanza onoraria di Varese è stato un gesto che mi ha toccato il cuore: mi ha commosso e onorato».

Luciano Clerico