Riaprite quella porta... Via Caltanissetta 3, Milano

Fonte: Carlo Fabbricatore
Gamba
Gamba

Lo sport genera leggende e la storica sede dell’Olimpia di via Caltanissetta 3 ne è il compendio. È stata dismessa ma per chi ci ha vissuto è un simbolo indissolubile; per noi frequentatori dell’epoca era la seconda casa, l’isola felice, forse come per Peter Pan l’Isola che non c’è.
Il piano nobile, non me ne vogliano gli architetti, era l’ultimo: cucina e sala da pranzo con annesso appartamento dei custodi. Proprio lì sono nate leggende dalle tinte fosche.
Stagione sportiva 1971/72: arrivo all’Olimpia targata Simmenthal; uno degli abitanti della Casa (Sergio Borlenghi detto Bongo) mi dice di diffidare dal cuoco: “Guido (l’Umbro come lo chiamavamo) è un discendente dei cuochi dei Borgia, cerca lentamente di avvelenarci tutti”.
Forse non era un discendente degli avvelenatori ma la sua cucina era terribile. Il Presidente Bogoncelli, che approvvigionava la foresteria con i suoi fornitori, non voleva crederci fin quando non accettò un nostro invito a pranzo.
Come nell’NBA ci fu il taglio: arrivò il friulano Bruno (Brunuti) con la moglie Carla. Imposero subito la “nostra cucina”: polenta, frico, musetto...
La sera, finita la cena, sul tavolo bottiglia di grappa rigorosamente fatta artigianalmente dai contadini, sfida a King a coppie: nessuno voleva perdere e spesso nascevano discussioni infinite. Fantastico... non c’erano videogiochi o simili, le tv commerciali erano utopia e quindi si stava assieme. Verso le 21.30-22.00 i più virtuosi andavano a studiare.
Al secondo piano c’erano le camere dei ragazzi più giovani. Le musiche, da Jimi Hendrix alla West Coast, andavano a palla a qualunque ora del giorno e della notte; i vicini, se avessero potuto, ci avrebbero volentieri eliminati tutti.
Piano terra: il regno di Rubini e di Basilio. Sul “Principe” è stato detto tutto ma su Basilio no. Al tempo importava materiale sportivo dagli USA. Ricordo ancora un giorno in cui l’aiutammo a scaricare un container e ci retribuì con materiale preso a caso. Fui il più fortunato perché pescai un paio di Converse scamosciate blu che sembravano uscite da un romanzo di fantascienza.
Basilio prendeva tutti per i fondelli raccontando aneddoti sui ragazzi che erano passati da via Caltanissetta, non voglio immaginare cosa abbia detto di noi ai nostri eredi. Ma non si fermava qui: era l’unico che faceva battute su Rubini, ovviamente non in sua presenza.
Lo strumento tecnologico più amato dagli inquilini era il telefono a muro a gettoni, sempre occupato da Bongo che telefonava per ore e ore alla sua storica fidanzata Anna.
Altro piano fondamentale della sede era quello interrato dove si trovavano il biliardo e la lavanderia. Le partite di boccette e di biliardo alla goriziana erano diventate un “Campionato del mondo”. Gli abitanti di quel periodo erano Borlenghi, Fritz, Borghese, purtroppo i casi orribili della vita ce li hanno strappati via prematuramente. C’erano poi l’amico udinese Tony Francescatto, il triestino Vecchiato, il torinese e torinista Maurizio Benatti, Igino Gori che la mattina a colazione mangiava quattro uova e tre-quattro etti di formaggio latteria. I soprannomi: Bongo, Bobo, Fritz, Spitz, Frenci,... .
Last but not least Marino Sabatini (detto Sabbar in onore di Jabbar) alto più di 210 cm con una capigliatura di tipo afro americana trendy all’epoca che lo faceva sembrare alto due metri e mezzo forse anche tre. Andavamo a scuola assieme e la gente vedendoci da lontano indicava il sottoscritto alto 186 cm dicendo: “Guarda quello lì come è piccolo!”. Mi stava venendo il complesso dell’altezza.
Un giorno mi prestò la sua automobile, una Anglia, che era la risposta occidentale alla Trabant della Germania dell’Est e ignota ai più, senza il sedile anteriore. Vi lascio immaginare come ho guidato!
Vigeva un codice d’onore “rigidissimo” che ci obbligava al riserbo totale su quello che succedeva all’interno della sede e creava una fratellanza. Detto inter nos si occultavano sapientemente le malefatte senza proferire verbo.
Rito del sabato pomeriggio la visione delle partite sul canale svizzero del Lugano Basket con tifo alle stelle: volevamo fondare un club in onore dei gemelli Ponzio leader storici dell’epoca della pallacanestro del Canton Ticino. Più che la partita ci faceva sbellicare dalle risate la telecronaca in italo-svizzero del commentatore. Appuntamento imperdibile della domenica notte la visita in via Solferino o all’edicola di Porta Venezia per acquistare la Gazzetta e il Corriere, il tutto per leggere i risultati e i tabellini delle altre squadre.
Altro cult dell’epoca la frequentazione dei cinema d’essai dove siamo riusciti a vedere dei film che neanche immaginate, delle schifezze bestiali ma faceva tanto intellettuale e intrigava le ragazze.
La conflittualità politica poi al nostro interno sembrava quella di Peppone e Don Camillo: Borlenghi, da Reggio Emilia, era il “Comunista”, gli altri che provocatoriamente leggevano “Il Giornale” di Montanelli la controparte.
Gli allenatori dell’epoca: Gamba, Faina, i fratelli Casalini, Cappellari, Roggiani, Arrigoni, Bertacchi, Gullifa...e  capite perché uscivano giocatori di un certo tipo da quel settore giovanile irripetibile e vincente.
“Guest Stars” in ordine di apparizione che frequentavano via Caltanissetta: Kenney, Cerioni, Bariviera, Giomo, Ferracini, Jellini.
La sede ha visto generazioni di ragazzi crescere dal punto di vista umano e affermarsi come giocatori ma soprattutto ha creato delle amicizie indelebili e un forte senso di appartenenza all’Olimpia. Molti ragazzi sono passati prima di noi e molti sono passati dopo ma credo che tutti abbiano nel cuore per via Caltanissetta “un posto speciale”.
Salvate quella casa...
Non è un annuncio di un’agenzia immobiliare, ma un accorato appello a riaprire quell’edificio magari trasformandolo in un museo della pallacanestro; il movimento ha bisogno di ricordi oltre che di proiezioni future.
La storia è maestra di vita!
N.B. In ottemperanza al “Codice d’onore” non è trapelato nulla di particolarmente compromettente.
Buona pallacanestro a tutti.

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