Pistol Pete Maravich: non è una favola di Natale per adulti

Pistol Pete Maravich: non è una favola di Natale per adulti
© foto di nba.com

(di FRANCESCO RIVANO). Siamo ancora in pieno periodo natalizio, le celebrazioni volgono al termine e la Befana a bordo della sua scopa magica sta viaggiando a ritmi frenetici per arrivare in tempo su ogni comignolo fumante prima di portar via ogni festività. Come ognuno di noi anch’essa ha i suoi obiettivi: premiare i bambini più buoni con dolci e leccornie e punire i “monelli” con del triste carbone. È vero, siamo un po’ cresciuti per credere ancora  a queste favole ma provate a tornare per qualche minuto bambini, ai momenti in cui le fiabe vi facevano sognare, a quando fantasticavate di emulare le gesta degli eroi dei vostri racconti preferiti. Ecco, ora sedetevi qui, tutti in cerchio e ascoltate questa meravigliosa storia di sport e di vita e stupitevi ancora con me.  

Cleveland – All Star Game 1997
Mr. Spalding: Vede dottore quei due ragazzi in piedi vicino a Wilt, Magic, Larry e Michael?
Doc. Smith: Si, mi sembrano un pochino fuori contesto. Ma chi sono? 
Mr. Spalding: Si ricorda il giorno che ci siamo conosciuti?  Eravamo a Pasadena, nel 1988. Chiamammo il 911 dalla cabina appena fuori dalla palestra in cui stavamo giocando a basket. Una rimpatriata, niente di così competitivo. Uno dei miei più cari amici si accasciò per terra e perse conoscenza. Lo portarono in ospedale da lei, ma non ci fu nulla da fare. Ricorda quell’episodio?
Doc. Smith: Ah si, ricordo eccome. I paramedici raccontarono che l’ambulanza arrivò a sirene spiegate quando la situazione sembrava essere già ampiamente compromessa. Vana fu la corsa in pronto soccorso. Quando arrivò da me uno strano sorriso solcava il viso del suo amico, sembrava felice. L'autopsia mi fece trasalire. Pensai “questo è un pazzo”. Alla sua età, senza l'arteria coronaria sinistra, come gli saltò in mente di mettersi a giocare a basket. Pensai fosse stato un tentativo riuscito di suicidarsi. Una persona con quella malformazione cardiaca non sarebbe dovuta sopravvivere oltre i primi anni di vita. 
Mr Spalding : Ecco Dottore, quei due ragazzi sono i suoi figli.

Ricordate sempre che questa è una favola e come in ogni favola che si rispetti serve una dose massiccia di immaginazione. A parlare tra di loro, durante la premiazione dei  migliori 50 giocatori della NBA a Cleveland nel 1997, sono Mr. Spalding, o meglio un pallone da Basket in grado di interloquire con gli umani e Doc. Smith un medico di turno al pronto soccorso dell’ospedale di Pasadena, California. Vi chiederete il motivo per cui abbia deciso di animare un pallone da Basket  e i motivi sono due. Il primo è perché ho talmente tanto cercato di convincervi che stiate leggendo una favola che io stesso mi sono convinto di scrivere una favola e quindi ho dato fondo a tutta la mia immaginazione. Il secondo, e forse quello più importante, è perché il pallone da Basket è stato l’unico vero grande amico di Pistol Pete Maravich, l’unico con il quale abbia avuto un rapporto confidenziale e profondo, l’unico che non lo ha mai abbandonato da quando era in fasce a quando ha concluso il suo viaggio terreno. Insomma un rapporto vero, non fra uomo e cosa, non tra essere vivente e essere inanimato, ma fra due esseri della stessa specie. Un incontro di anime così diverse ma così vicine.

Se volete conoscere nei dettagli la storia di Pistol Pete vi basta aprire youtube e ammirare una delle più belle puntate di “Federico Buffa racconta la NBA dei vostri padri” oppure cercare negli articoli settimanali di una spettacolare Emanuela Audisio nella rubrica S-Print che tiene per la Repubblica. Troverete storie fatte di record precoci della pallacanestro, vi imbatterete in gesta sportive così inebrianti da sembrarvi impossibili e capirete quanto dietro a una macchina umana creata per lo sport ci sia la volontà ferrea di un genitore che ha, forse inconsapevolmente, ma del tutto egoisticamente, chiuso un figlio dentro una bolla con in mano una sola palla da basket.  È come se Pete fosse stato denudato di ogni rapporto umano per dedicarsi solo a diventare Pistol Pete; gli avversari non erano esseri umani, ma ostacoli da superare, competitor da battere, esseri inferiori da umiliare. Ogni singolo evento cestistico era una fiera di paese in cui mettere in vista la mercanzia, dove bearsi della singolari capacità, durante la quale raccogliere onori e invidie. Nessuno aveva un ball handling paragonabile a quello del giovane Pete, nessuno aveva una capacità al tiro come quella del giovane Pete, nessuno era in grado di alzare i livello della competizione simile a quella del giovane Pete. E di tutto ciò ci si doveva vantare di fRonte a più persone possibili. Ma era anche vero che più le sue doti cestistiche si ingigantivano più i suoi mostri interiori si nutrivano di una carenza sociale evidente.

Ecco perché ho immaginato di rendere animata la palla. Perché finché la palla era tra le mani di Pete la bolla restava gonfia  e resisteva. Quando la palla era viva Pete poteva mettere a referto la media punti (44) più alta nel college basket; diventare l’idolo della Louisiana State University; firmare contratti a cifre mai viste da un rookie; tenere a galla da solo una franchigia NBA trasferitasi nello Utah; segnare 68 punti marcato da Walt Frazier. Ma se gli avessero tolto la palla dalle mani? Magari lo avesse fatto papà Press qualche volta. Forse Pete avrebbe potuto capire che una volta appoggiata quella palla sul parquet ci sarebbero state persone al suo fianco e non alieni, sostanze stupefacenti, divinità o alcool. Eh si, perché quando un ginocchio decise che il sogno del basket era finito Pete non ha retto alla pressione. La sua carriera si è interrotta a 34 anni, a 38 è stato inserito nella Hall of Fame, il più precoce di sempre, ma senza la palla in mano la sua vita entra in una spirale che lo rilega a un contesto mentale paranormale, tanto quanto paranormale era il suo modo di esprimersi in campo.

Pete si perde, ma alla fine si ritrova. Come? Con Mr. Spalding tra le mani.
Doc. Smith: Mr. Spalding, mi racconti del vostro ultimo incontro.
Mr. Spalding: Quella mattina mi venne a cercare, voleva a tutti i costi ricucire il nostro i rapporto e mi portò con sé a Pasadena: “Si torna in scena amico mio, si torna in scena”. Ero elettrizzato,aspettavo da tempo quel momento, la possibilità di ricongiungermi con colui che avevo sempre stimato e rispettato e con cui avevo condiviso gran parte della mia vita. Scendiamo in campo e il dolce abbraccio del cotone mi fa risentire giovane, mi riporta indietro nel tempo; ben tornato amico mio, penso tra me e me, e l’umore è alle stelle. “I feel graet” mi sussurra con il sorriso stampato in faccia. Appena prima dell’ennesima gita verso il fondo della retina mi volto e …boom!!! Nel mentre rotolo verso di lui si accascia a terra, a rivivere, in quegli attimi di respiro che separano la vita dalla morte, tutto ciò che il basket gli ha dato, ma soprattutto tutto ciò che lui ha dato al Basket. L’espressione del suo volto sembrava volermi rassicurare “ tranquillo amico mio sono felice di concludere qui il mio viaggio, con il profumo del tuo cuoio e il suono indimenticabile del cotone”.
Lo so, non è una storia a lieto fine, ma fidatevi, è molto più credibile di quanto possa sembrare. A raccontare le sue gesta non è stato ovviamente Mr. Spalding, ma tutti quei campioni che da lui hanno preso spunto per rendere questo gioco la meraviglia che ammiriamo, perché ogni singola giocata spettacolare esibita su un parquet dal 1988 in poi è stata prima pensata da un precursore della palla a spicchi: Pistol Pete Maravich.

Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. Nel 2024 ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.