I 30 anni di Marco Spissu: «Con la palla in mano mi diverto ancora come quando ero un ragazzino»
Marco Spissu compie 30 anni e si racconta a La Nuova Sardegna. Il play sardo sta giocando al Casademont Zaragoza in quella che è la sua prima avventura all'estero. "Amo il basket e giocare mi diverte ancora, altrimenti smetterei. Ovviamente non sempre è possibile. Io mi diverto da morire in allenamento e spesso anche in partita. Anche per il mio ruolo, che è quello di comandare la squadra, quando le cose riescono bene è bellissimo. Spero di divertirmi ancora per molti anni. I 30 anni? Fa un effetto strano, perché il tempo · cestisticamente è volato. Avant'ieri avevo 23/24 anni· Però se ci penso in questo lasso di tempo ho fatto davvero tante cose. Mi sento nel pieno della maturità, riconosco le differenze rispetto al mio io ventenne. La carriera di un giocatore è breve, cerco di godermela al massimo, di trarre il meglio e di stare bene fisicamente".
Già arrivato il tempo di allenarsi più degli altri? "Ma questa in realtà è la storia della mia vita. Io ho sempre spinto al massimo, perché altrimenti oggi non sarei qui, non sarei mai arrivato a giocare in serie A, in Eurolega o in nazionale. È ormai da tanti anni che mi prendo cura del mio corpo con grande attenzione. Uno step in più? Arrivare prima in palestra per fare stretching, entrare nella vasca ghiacciata a fine allenamento, curare l'alimentazione sono il mio pane quotidiano. D'estate non riposo mai. Noi sportivi dobbiamo curare alla perfezione il nostro corpo, che è la macchina della nostra vita. Non è una novità, ma ora non ho più vent'anni e di certo non posso fare a meno.
Sono sicuramente più maturo, ma mi sento sempre il ragazzino che andava a tirare al palazzetto e ad asciugare il campo durante le partite della Dinamo. Ho sempre cercato di sviluppare la mia leadership, un pezzo alla volta. Gli ultimi anni a Sassari sono stati fondamentali nella mia formazione mentale. Abbiamo vinto due trofei, siamo arrivati a gara7 di una finale scudetto. Ho imparato come si vince e come bisogna lavorare per arrivare a provare a vincere. Non sempre ci riesci, ovviamente: anzi vincere è davvero difficile, per questo bisogna tenersi stretti i successi e assaporare quei momenti. Non puoi mai sapere se ricapiterà".
Ricordando la carriera, tra sfide e coach che gli hanno cambiato la vita. "La vita è fatta di sfide e io le ho sempre accettate, facendo salire ogni volta l'asticella. Il mio mood è sempre quello: rimboccarmi le maniche, lavorare, impegnarmi sempre di più. Ed è anche il motivo per il quale non ho mai accettato a lungo di stare in una "comfort zone". Ho sempre avuto bisogno di trovare stimoli in nuove sfide e nuove esperienze. Tutto questo mi ha arricchito come persona e come giocatore.
Incontri che mi hanno cambiato? A livello giovanile gli anni trascorsi con allenatori come Antonio Mura e Marco Rota hanno dato una svolta al mio percorso, che ancora non era una "carriera". Poi ci sono stati l'esordio in prima squadra con Meo Sacchetti e i tanti viaggi necessari per farmi le ossa, come Tortona e Bologna.
Pozzecco? Poz mi ha consacrato, mi ha dato la chance di giocare play titolare a casa mia. Una cosa tutt'altro che facile, tra l'altro, ma la sua fiducia nei miei confronti è stata totale e questo mi ha permesso di crescere tanto".