Aldo Corno in Mozambico:"Per lasciare qualcosa, senza nulla in cambio"
“Eravamo in spiaggia in Sicilia questa estate, come ogni estate, io e mia moglie, e lei parlando al telefono con una amica ad un certo momento le ha detto: “Quanto mi piacerebbe vedere l’Africa un giorno, è un posto che mi attrae moltissimo”: Pochi giorni dopo mi arriva la telefonata di Gianni e Simone Santi: ”Aldo vuoi venire a darci una mano con la Lazio Basket Maputo?”
Racconta così Aldo Corno la nascita della sua nuova avventura: a 74 anni a fine settembre partirà per il Mozambico – qui la prima notizia - per essere il senior coach della squadra che affronterà i playoff: 14 partite in 18 giorni nella capitale mozambicana. “Ci tengo molto a riaffermare che sarò solo il consulente, di Cleto, il coach della squadra e questa sarà la prima cosa che dirà alle ragazze, lui è il coach. Io sono qui per mettere la mia esperienza al vostro servizio. Per cercare di migliorare quel terzo o quarto posto che la squadra raggiunge sempre da qualche anno. Le prime due mi sembrano difficili da battere, almeno una che ha quasi tutte le giocatrici della Nazionale mozambicana, l’altra possiamo provarci”.
Lei starà a Maputo per circa 40 giorni, che tipo di interventi pensa di portare?
“Ho avuto i filmati della squadra ed ho visto qualche partita. Siamo senza un centro vero ma il livello è accettabile: fisicamente le ragazze potrebbero reggere la nostra A1 di prima fascia, tecnicamente sarebbero di una buona A2. In poco tempo l’aspetto più importante sul quale intervenire è qualche nuova soluzione offensiva e qualche accorgimento in difesa. Il basket africano è in crescita anche a livello femminile. Mozambico ha in giro per il mondo circa trenta giocatrici, alcune in WNBA, e due in Italia con la stella Dongue che ha giocato a Roma. Il futuro una volta che tatticamente avranno messo a posto alcune cose è di queste atlete ed atleti africani”.
Ha detto di aver visto alcune partite, come giocano?
“Tendono a giocare molto libere, cosa che non vorrei togliere loro, ma magari lavorare sul fatto che a volte si può giocare con meno istinto e più pensiero. Bisogna tener conto anche della realtà logistica nella quale giocano: alcuni campi sono all’aperto. Il paese è grande, le trasferte difficili. Il campionato si gioca in varie fasi, le migliori 8 convergono a Maputo per i play off. Hanno tre arbitri, il palazzetto di Maputo dove si gioca è bello ed ha tremila posti. E’ una sorta di semiprofessionismo perché anche grazie al progetto “Colors” di Simone Santi, molte di questa ragazze studiano all’Università ed altre lavorano. Io vado giù due settimane prima dell’inizio dei play off e vedrò di dare una mano per quello che ho detto prima”.
Non sarà solo con la prima squadra il suo impegno?
“No. Farò lezione ai bambini, agli allenatori, inaugureremo due campi. Insomma avrò da fare ma avrò anche del tempo libero per visitare questo paese e conoscerlo a fondo, conoscere i vari aspetti anche sociali. Anche per me l’Africa è sempre stato un sogno e questa chiamata mi permette di realizzarne due: il primo appunto è di visitare una realtà del tutto nuova da quella che ho visto in tanti anni di carriera anche all’estero. La seconda, ed è quella alla quale tengo di più, è fare un’esperienza di vita nella quale cercherò di dare qualcosa, il concetto del “legado” “la parola portoghese che vuole dire eredità, lascito”, senza nulla in cambio”.