Eleganza e passionalità in un talento mitteleuropeo unico: Drazen Petrovic

(di FRANCESCO RIVANO). Gli studi in Economia mi hanno formato mentalmente a una predisposizione che tende a privilegiare l’aspetto numerico degli elementi con cui mi confronto ogni giorno. Da lì parte anche tutta una tendenza che, per deformazione professionale, mi porta ad analizzare statistiche, cifre, numeri dei singoli sport che seguo oltreché dei loro singoli performer. Ma se da un lato questa attitudine scientifica è maturata grazie alla formazione scolastica, dall’altro spinge forte un’inclinazione naturale per aspetti più tendenti al classico che mi portano poi a miscelare i numeri con le parole attraverso questi racconti. È proprio tra i banchi del corso di Geografia Economica che l’aspetto prettamente scientifico e fisico analizzato nel corso delle lezioni si amalgama con un concetto squisitamente culturale che apre nuovi orizzonti. Parlo di una gerarchia intellettuale e spirituale che attraversa i confini fisici che un tempo racchiudevano l’Impero asburgico e che investe diverse culture identificandosi nella Mitteleuropa. Parlo di quella apertura mentale dei popoli dell’Europa Danubiana che li porta ad avere una marcia in più rispetto agli altri. E tra questi c’è sicuramente il popolo dei Balcani.
Ritorniamo al nostro caro e vecchio Basket nel quale il popolo dei Balcani recita un ruolo di rilievo. Citando Sergio Tavcar, mente raffinata del Basket europeo (non parlategli di NBA per carità di Dio) i fattori fondamentali che elevano il basket a un livello di eccellenza in quella che un tempo era la Jugoslavia sono due: uno di natura fisica, l’altezza, e l’altro di natura emotiva e cioè la passione per il gioco e per il divertimento. Se a questi due elementi assommiamo la cultura dell’eleganza e della raffinatezza mitteleuropea tipica di quei paesi, il livello da eccellente travalica nel celestiale. Potrei citare decine di personaggi che si sono distinti sotto canestro a partire dal professor Nikolic, passando per Cosic, Delipagic, Kicanovic proseguendo con Obradovic, Divac, Kukoc, Danilovic, sino ad arrivare a quello che stanno facendo oltreoceano Doncic e Jokic. Tutti personaggi che hanno lasciato o che lasceranno ai posteri un’eredità importante per le nuove leve che si abbeverano alla fonte del basket. Sto dimenticando qualcuno? Sicuramente si!!
Giugno 1993, la Baviera è investita da una perturbazione che la vede sferzata da una pioggia torrenziale. Nei pressi di Denkendorf, sulla A9, un camionista perde il controllo del suo mezzo e investe le corsia opposta al suo senso di marcia. Il tutto accade proprio mentre Klara e Hilal, due amiche ancor prima che due pallavoliste, all’interno dell’abitacolo di una Golf rossa, chiacchierano a bassa voce per non svegliare l’altro passeggero che sta riposando. L’impatto è devastante, le due ragazze si salvano, ma il terzo passeggero non ce la fa venendo riconosciuto poco dopo come unica vittima di quel terribile incidente.
Che lo ricordiate come “il Diavolo di Sebenico” o come “il Mozart dei Canestri” Drazen incorporava nel suo essere tutto ciò che serviva per emergere nel gioco: non gli mancava di certo l’altezza, 196 cm; non gli faceva difetto la passione e la Signora Biserka potrebbe testimoniare sulle ore trascorse dal figlio con la palla in mano; non era sicuramente limitato nell’ispirazione e nel gusto per il bello come ogni uomo di sport pervaso dalla corrente mitteleuropea. La carriera parte sotto la guida di “Moka” Slavnic, altro pilastro del basket slavo, con la squadra della città natale. Già a quindici anni faceva parte del roster del KK Sibenik che i due portano alla finale di coppa Korac nel giro di due anni. A vent’anni raggiunge il fratello Aza (che i pesaresi ricorderanno con la maglia della Vuelle) al Cibona dove vince, segna e incanta per poi diventare un merengue dando vita a una sfida epica contro Oscar Schmidt nella finale di Coppa delle Coppe ad Atene nel 1989 vinta ai danni della Juve Caserta. E in nazionale? Argento a Seoul nell’88, oro all’europeo del 1989 disputatosi a Zagabria e oro mondiale a Buenos Aires nel 1990 (si, quel mondiale, quello della famosa bandiera croata che ha incrinato definitivamente i rapporti tra Drazen e Vlade Divac). Drazen incarna il basket europeo di fine anni ’80 e oltreoceano strabuzzano gli occhi pensando a cosa potrebbe fare un tale fenomeno nei parquet NBA. È Clyde Drexler a dargli il benvenuto a Portland, ma nonostante la squadra raggiunga e perda le Finals, il rapporto tra Drazen e coach Adelman non decolla e il croato resta ai margini anche durante la seconda stagione. A dare una reale opportunità a Drazen sono i Nets. Nel New Jersey il Mozart dei canestri torna a comporre sinfonie degne delle sua carriera europea e a farne le spese sono le difese di tutto il Nord America. Guidati da Bill Fitch con Derrick Coleman e Kenny Atkinson, i Nets diventano una realtà della Eastern Conference fino a raggiungere i Playoffs e Drazen è tra le migliori guardie emergenti della NBA. L’estate del ’92 se possibile aumenta la notorietà di Drazen reo di aver creato l’unico vero momento di imbarazzo per il Dream Tem USA sotto le guglie della Sagrada Familia mettendo a referto 11 punti consecutivi in una mini rimonta Croata che non trova seguito durante la Finale per l’oro olimpico di Barcellona. La stagione 1992/93 con Chuck Daly alla guida è quella della consacrazione e a farne le spese è anche Vernon Maxwell che, nel pre-gara tra i suoi Rockets e i Nets si lascia sopraffare dall’ego dichiarando che “deve ancora nascere un europeo bianco che mi faccia il culo”. 44 punti in faccia e Vernon sbugiardato. Ma a febbraio si spezza il filo sottile che ha sempre legato Drazen e gli States: quando si vede costretto a ingoiare il boccone amaro della mancata convocazione all’All Star Game di Salt Lake City qualcosa cambia nella mente del “diavolo di Sebenico.” A nulla è valso il tentativo della Lega di rimediare invitandolo alla gara del tiro da tre punti; il suo orgoglio non gli avrebbe permesso di recitare un ruolo di comparsa in un ambiente che lo avrebbe dovuto elevare a protagonista. La sua furia si abbatte sul campo di gioco e con 22 punti di media a partita riporta i Nets ai playoffs salvo uscire al primo turno per mano dei Cavs.
Dopo quella stagione Drazen è consapevole di essere al capolinea con il basket a stelle e strisce ma non sa che quella pagina della sua vita è l’ultima che è stato in grado di scrivere. Durante la off-season la nazionale croata scende in campo contro la Polonia per un torneo di qualificazione in terra tedesca in vista di EuroBasket 1993. Come al solito Drazen domina, ma a differenza di tutte le buone scelte fatte all’interno del terreno di gioco, al momento del rientro a Zagabria prende una decisione sbagliata. Non si imbarca con la squadra sull’aereo che da Francoforte porterà gli atleti in terra croata, ma decide di imbarcarsi con la fidanzata Klara in una golf rossa diretta in Baviera, a Monaco. Voleva qualche giornata di svago, un momento tutto per se prima di decidere se accettare le offerte delle squadre europee o se restare negli Stati Uniti. Di fatto quella decisione Drazen non la prenderà mai, o forse l’aveva già presa senza renderla di dominio pubblico. Sta di fatto che sul sedile del passeggero accanto all’autista gli occhi di Drazen si chiudono in cerca di un piccolo meritato riposo che per colpa del destino diventa eterno. Un destino che ha privato mamma Biserka e gli amanti del gioco di un figlio prediletto di quella fucina di talento, eleganza e passionalità chiamata Mitteleuropa.
----- Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. Nel 2024 ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.