Dan Peterson: «Il ritorno nel 2011 è stato come chiudere un cerchio»

21.03.2025 11:05 di  Iacopo De Santis  Twitter:    vedi letture
Fonte: Olimpia Milano
Dan Peterson: «Il ritorno nel 2011 è stato come chiudere un cerchio»
© foto di Savino Paolella

“Appena sono arrivato a Milano ho subito guardato la famosa rimonta sull’Aris Salonicco. Non so se una squadra di quei tempi avrebbe potuto correre e saltare come quelle di oggi ma quello che traspare è che come forza mentale, coesione, disciplina quella Olimpia fosse davvero una squadra eccezionale. Contro di loro avevi la sensazione di partire sempre sotto 10-0”, così Coach Ettore Messina si è espresso ieri alla presentazione dell’ultimo libro di Coach Dan Peterson, “La mia Olimpia”, editore Minerva che sarà acquistabile anche domenica al corner shop dell’Unipol Forum. Accanto a lui il coautore del libro Umberto Zapelloni, il regista Massimiliano Finazzer Flory e nel pubblico anche il Presidente dell’Olimpia, Leo Dell’Orco oltre a Vittorio Gallinari.

Il libro contiene 100 storie sull’Olimpia degli anni ‘80: “Ho voluto fare una cosa storica per ringraziare tutti – ha detto Peterson – Una squadra non è mai solo un allenatore e i giocatori che vanno in campo. Rappresenta tutta una società, tutto uno staff, tutti i tifosi e anche i giornalisti che la criticano”. Numerosi gli aneddoti raccontati come l’esilarante episodio del 13 al Totocalcio materializzatosi nel riscaldamento di una partita giocata a Udine: “Ogni settimana mettevano 10.000 lire a testa per fare la schedina: gli esperti erano Franco Boselli e Franco Casalini. Mancava uno dei sistemisti e chiesero a Vittorio Gallinari. Ma Vittorio aveva il “suo” sistema e rifiutò. Allora vennero da me, strappandomi una banconota dal portafoglio. Facemmo 13 e vincemmo 40 milioni, 4 milioni a testa per un investimento di 10.000 lire. Pensai che Boselli e Casalini fossero dei geni. Poi vidi come facevano i pronostici e capii che non c’era nulla di più casuale. Ma a Udine mi accorsi che c’era qualcosa di diverso quando vidi Meneghin e Bariviera schiacciare nel riscaldamento. Non lo facevano mai. Chiesi a Casalini e mi disse “Coach, sono contenti perché abbiamo vinto al Totocalcio”. Successe altre volte ma poche lire”.

Coach Messina ha ricordato come vedeva Peterson da giovane allenatore: “C’erano tre allenatori di riferimento, Gamba, Bianchini e Peterson. Poi ce n’erano tanti altri in realtà, maestri come Taurisano, Zorzi, Sales, Guerrieri. Poi successe che Peterson venne a Bologna come general manager e io ero l’assistente di Bob Hill. Imparai due cose: che non dovevo essere troppo duro con i giovani che stavo allenando nelle giovanili e che bisogna pensare in grande. Ad esempio, Bologna doveva cedere un ragazzo giovane, Setti, che era il dodicesimo uomo. Per sostituirlo avremmo pensato ad un elemento simile, invece Peterson suggerì Fausto Bargna, un giocatore esperto, di alto livello. Lui guardava in alto”.

Il grande rimpianto di Peterson, l’ha ammesso ancora, è stato ritirarsi nel 1987: “Un allenatore deve sapere quando cambiare squadra e quando smettere perché servono tante energie per questo tipo di lavoro. Io nel 1987 ero stanco e non volevo tenere il club ostaggio delle mie indecisioni. Poi Casalini poteva firmare per un altro club e non volevo danneggiare né lui né la società. Ma se avessi aspettato un mese, ricaricandomi, avrei continuato. Per questo sono grato al Gruppo Armani: nel 2011 richiamandomi mi ha permesso di chiudere un cerchio. Ricordo ancora cosa provai davanti alla panchina di quel secondo esordio: sentivo di essere tornato a casa”.