Gigi Datome sull'uscita dall'Olimpia e l'importanza del capitolo Milano

Gigi Datome sull'uscita dall'Olimpia e l'importanza del capitolo Milano
© foto di Ciamillo

Intervistato da Luca Chiabotti su La Repubblica ed. Milano, Gigi Datome ha parlato di Olimpia Milano, ricordando il suo arrivo nel club biancorosso e la vittoria di quello Scudetto che gli mancava. «Milano rappresenta un capitolo importante della mia vita perché mi ero rimesso in gioco a 33 anni, dopo momenti bellissimi al Fenerbache dove ero coccolato e molto amato dalla gente, con un allenatore come Messina di altissimo livello e di grandissime pretese. Mi mancava di vincere lo scudetto in Italia e l'Armani mi ha dato la possibilità di farlo, chiudendo la carriera da protagonista, cosa che speravo ma per nulla scontata. È stata una bella sfida che mi ha permesso di conoscere persone di altissimo livello professionale umano e di giocare al fianco di compagni straordinari. Milano è particolare, è difficile sentirsi coccolati come a Istanbul ma, ancor di più, rispettati. E io il rispetto l'ho sentito dal primo momento in cui sono arrivato. La città è un ricordo forte per me e la mia famiglia, è nata mia figlia, ho vissuto il momento migliore dell'era Armani, conquistando le Final Four e i playoff di Eurolega, difficilissimi da raggiungere come si è visto nelle ultime stagioni. È stato molto bello».

Dopo il ritiro, Datome è diventato dirigente Olimpia, un'epopea finita però in sordina con l'assenza ai playoff 2024. «Avrei voluto stare con la squadra fino alla fine. Non l'ho detto pubblicamente ma, durante la finale scudetto, mio padre stava molto male, è mancato la scorsa estate, e non sono riuscito a lasciare l'ospedale dove era ricoverato. Già in aprile, però, avevo discusso con Messina l'offerta ricevuta dalla Federazione. All'Olimpia non ero un dirigente perché non dirigevo nulla, ma solo l'Ambassador e non avevo alcuna responsabilità. È stato un anno importante per capire la mia nuova strada di cui sono grato al club, probabilmente avrei potuto continuare a farlo anche se avessi accettato il mio nuovo ruolo in Federazione, ma la cosa strideva un po', vedevo il rischio di un piccolo conflitto di interesse. Il lavoro in Nazionale è tanto, comporta delle decisioni e va fatto per bene. Sono molto felice in questo ruolo e di aver fatto base a Roma con la mia famiglia».