Tommaso Bianchini fa un ritratto particolare del Vate: "Dan Peterson? Sono amici. Per me facevano scena"
Tommaso Bianchini, da gennaio 2022 è Chief Revenue Officer al Calcio Napoli, ha rilasciato una intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha raccontato aneddoti sul Vate, che altri non è suo papà Valerio. Un ritratto sincero senza essere irriverente. Ecco alcune delle su dichiarazioni.
Difetti. "Vanitoso, neanche moderatamente. Gliene dico una, così si arrabbia: quando vinceva, dopo le gare, c'era la "mazzetta" dei quotidiani sul tavolo. Una decina, forse. Quando perdeva, mai più di uno, e politico. Poi era un gran parac.... Diplomatico. Capo-comunicazione di se stesso, in un'epoca in cui i rapporti con i giornalisti conveniva tenerli da sé."
Ha cominciato tardi a capire chi fosse Valerio Bianchini. "Intuii a Pesaro di essere l'erede di una specie di "semi-dio". Lui non ha mai voluto celebrarsi.". E la portava a cena con Robe Bryant. "A Chicago. Andammo in America per delle lezioni-conferenze che papà tenne da quelle parti. E la sera mi ritrovai a mangiare con uno dei miei idoli." A casa, tavolate ce ne sono state. "Ogni settimana veniva un cestista, era il suo modo - assolutamente paritario - di creare empatia."
Dan Peterson, il cosiddetto 'nemico'. "Sono amici. Per me facevano scena. Rientrava nel copione, nella recita di quel gran circo così affascinante che si potevano permettere due personaggi di così rilevante spessore. C'è sempre stata stima tra di loro, si sono voluti bene e se ne vogliono. Come con Scariolo, ad esempio, con il quale si sente spesso. Come con Carlton Myers. Come con Larry Wright, con il quale quando si sono rivisti in Campidoglio, per il quarantennale del titolo, si sono sciolti in un abbraccio interminabile."
Babbo Natale. "Aveva l'epica del racconto, della narrazione. Quando tornava dagli States, aprivi le valigie e si spalancava un mondo: cappellini dei Lakers, scarpette. Era Babbo Natale che arrivava d'estate."