Bruno Arrigoni "Protezionismo? Per girare italiani come i carri armati di Mussolini"

Bruno Arrigoni "Protezionismo? Per girare italiani come i carri armati di Mussolini"
© foto di Ladaga/Ciamillo

L'opinione di un grande vecchio della pallacanestro italiana come Bruno Arrigoni (79 anni, attualmente consulente nel CdA della Pallacanestro Cantù) arriva stamani sul Corriere di Bologna sullo spinoso argomento della mancata produzioni di giocatori di primissima fascia, con tutte le conseguenze che comporta. I risultati della Nazionale maggiore e il mancato utilizzo nelle formazioni di serie A, nel basket ma anche nel calcio vedendo come le polemiche in tal senso si dibattano sulla stampa nazionale, hanno certificato un problema non più eludibile.

Perché non produciamo più giocatori. "Perché i giocatori giovani non portano mai risultati immediati, e sono pochissimi gli allenatori che hanno tempo e modo di lavorarci. Forse il solo Pillastrini, in questi anni, ci ha creduto sul serio. Dipende dai progetti dei club: se devi fare risultato, chiaro che sceglierai giocatori già pronti, e di giovani non ne produci. È un circolo vizioso, difficile da spezzare."

Circolo vizioso. "Dall'Eurolega in giù, passando per la Serie A, l'A2 e fino alla B, esiste di fatto un circuito di giocatori che ogni anno si muovono da un club all'altro, sembrano tanti ma sono come i carri armati di Mussolini, sempre quelli che girano in tondo. Pochissimi saltano da un livello all'altro."

Protezionismo o contro il protezionismo. "Obbligare le società a fare cose controvoglia non mi ha mai convinto. Soprattutto quelle formule che prevedono uno o due giocatori sui cinque in campo, tecnicamente sono destabilizzanti. In Europa chi le ha sperimentate è subito tornato indietro. Semmai tornerei ai premi di fine anno, soldi da distribuire in rapporto al minutaggio concesso ai giovani italiani."

Risorse, affidabilità, gestione. "C'è carenza di risorse. Non mancano né la passione né la voglia di lavorare, mancano i tecnici affidabili, perché oggi un buon allenatore di giovanili fa fatica a arrivare a fine mese, se non allena mille squadre. E poi le stagioni giovanili sono troppo lunghe, non c'è tempo per fare lavoro individuale, e chi deve vincere preferisce buttare dentro cinque piccoletti veloci, perché i lunghi all'inizio sono d'impaccio, infatti da noi non maturano mai. I ragazzi più promettenti andrebbero seguiti, anche sul piano personale. Contano molto anche le agenzie: c'è il procuratore che ti indirizza verso i soldi subito, e quello che cerca le condizioni per maturare."