Un ricordo di vita: "Grazie Sergio, campione"
Il campione come il tecnico di gran fama non nascono e vincono in cinque minuti. La vita, umana e sportiva, è un percorso di crescita, breve o lungo che sia, in cui si mettono accanto tante esperienze. Ecco un racconto di vita di Fabio Tavelli che ci è piaciuto molto e pubblicato ieri su Il Foglio, che ricorda così il suo primo contatto con il coach della Nazionale spagnola Sergio Scariolo, fresco vincitore del titolo NBA con i Toronto Raptors, tanti anni fa a Brescia.
"Oggi il tuo allenamento è finito. Vai a cambiarti". Mi mandò via così, con postura perentoria e tono imperativo. Non riuscii nemmeno ad abbozzare un vaffanculo. Un viaggio lunghissimo quello che mi portava dall'area pitturata verso lo spogliatoio. Mollai il pallone e iniziai a caracollare verso l'inferno. L'unico rumore era il rimbalzo della palla che le mie mani avevano lasciato nel punto esatto in cui la mia carriera di giocatore di basket era terminata. Gli allenatori erano due. Uno segaligno e stempiato, Lele, portava gli occhiali. L'altro, Sergio, indiscutibilmente un righetto. Capello medio lungo portato indietro da una non trascurabile quantità di gel, fraseologia che tradiva evidenti studi universitari e senso del comando. Palazzetto dello Sport Eib di Brescia, 1983, squadra in serie Al con uno sponsor chiamato Simmenthal. Avevo 14 anni, prima superiore. Per me la pallacanestro era solo attacco e smargiassate. All'oratorio me la cavavo bene. Si giocava fino allo sfinimento e nessuno si preoccupava di difendere. Un po' come accade nell'80 per cento delle partite di regular season della Nba oggi.
"Oggi il tuo allenamento è finito. Vai a cambiarti". Ma come si permette questo? Nelle prime sedute cercavo sempre di andare nel gruppo di coach Lele, ma a volte le supercazzole non funzionavano ed era Sergio a riempirmi la testa con rotazioni e movimenti di pick and roll per me incomprensibili. Io volevo la palla per andare uno-contro-uno, il resto non esisteva. Quel giorno ero particolarmente distratto. Dopo avergli mandato in vacca un paio di giochi che aveva spiegato con cura alla lavagnetta finii per prendere in piena faccia una palla che era diretta verso un mio compagno. Vagavo in area come uno appena sceso dalle montagne russe e al solito non avevo capito nulla del suo schema e mi ero perso totalmente dopo i primi due movimenti. Sergio non apprezzava l'ironia e men che meno la mia faccia, paonazza per aver preso una pallonata che per poco non mi aveva tramortito.
"Oggi il tuo allenamento è finito. Vai a cambiarti". Ebbe la cortesia di aspettare qualche secondo per permettere alle stelline che avevano iniziato a circumnavigare la mia capoccia di fermarsi. Quando fu sicuro che non ero svenuto e che i miei compagni potessero udire tutti chiaramente emise il verdetto. Non feci nemmeno la doccia, andai via subito per evitare di vedere i compagni rientrare nello spogliatoio. Giurai a me stesso che non avrei mai più giocato in una squadra e che per me il basket sarebbe stato sempre e solo quello del playground. Scomparvi, non mi feci più sentire e nessuno mi cercò più. Ma contrariamente ai miei pensieri iniziali il viaggio di ritorno in bus fu molto zen. Hai visto mai che Sergio non ha del tutto torto? Diciamocela sinceramente, il basket quel giorno non ha perso qualcosa di irrinunciabile.
"Oggi il tuo allenamento è finito. Vai a cambiarti". Quella frase, quella sentenza, mi è rimbombata in testa per anni. Mi sono ripromesso che un giorno lo avrei cercato, Sergio, e glielo avrei detto. L'ho fatto. L'ho incontrato per un'intervista. Ci voleva poco a capire che tra lui e Lele quello super era Sergio. E gliel'ho detto. Ma lo sai che tu un giorno mi hai detto "Oggi il tuo allenamento è finito. Vai a cambiarti"? Naturalmente non poteva ricordare. Mi guardò quasi intimorito per l'ipotesi, non del tutto da escludere, che volessi vendicarmi. Invece gli dissi: "Grazie". Grazie per avermi insegnato come si sta al mondo. E per avermi spiegato con una frase breve quello che molti formatori non riescono a fare in ore di corsi. Quel "Sergio" era Sergio Scariolo. Campione Nba.