Olimpia, Riccardo Casella: «Una parte di me la lascerò qua dentro il club»

24.04.2025 17:00 di  Iacopo De Santis  Twitter:    vedi letture
Fonte: Olimpia Milano
Olimpia, Riccardo Casella: «Una parte di me la lascerò qua dentro il club»
© foto di Ciamillo

Il 27 aprile 2014 è una data indelebile nella storia dell’Olimpia Milano. Quella sera in una memorabile, rocambolesca, Gara 7, l’Olimpia vinse il primo scudetto dopo 18 anni di astinenza, il primo dell’era Armani, in una notte “in cui – disse Keith Langford, uno dei protagonisti – non avevo mai visto tanta felicità concentrata in un solo posto”. Tra chi festeggiò quella sera c’era anche un bambino di Assago, portato dal padre alla partita. Aveva sette anni. Riccardo Casella è stato il Capitano del miglior gruppo giovanile che l’Olimpia abbia schierato da molti anni a questa parte, forse il migliore dai tempi dello storico gruppo dei nati nel 1958, con Franco Boselli, Dino Boselli, Vittorio Gallinari. Il percorso di Ricky Casella sta per concludersi: le finali nazionali di Roma saranno il suo ultimo atto come giocatore delle giovanili Olimpia e Capitano di questo gruppo incredibile che pure – senza i nati nel 2006 come lui – giocherà le finali europee ad Abu Dhabi in maggio.

Con il basket non è stato amore a prima vistaracconta Riccardo – anzi la prima volta me ne rimasi in disparte senza interagire con nessuno. Mia madre pensò che non fossi interessato, però mi iscrisse lo stesso ad un corso scolastico. Per tre anni ho giocato lì, a scuola. Però mio padre mi portava alle partite dell’Olimpia, mi mostrava qualcosa della NBA in televisione, e piano piano mi sono appassionato. Il mio primo tentativo con le Leve di minibasket non andò bene: saltai l’ultimo appuntamento e non mi presero. L’anno seguente ci riprovai, andò meglio, ed ero insieme ad altri due ragazzi come me, di Assago. Questo mi ha aiutato a inserirmi. Ho vissuto esperienze molto belle, con gli anni questo posto è diventato tutto per me. Ricordo il mio primo allenamento, al Lido, bellissimo. Sapevo che mi osservavano, ma feci quello che dovevo, e dopo un mese mi chiamarono”.

Riccardo Casella misura 1.83, un po’ più di quanto si percepisca a occhio nudo, traditi dalla struttura fisica minuta. Ma non si è mai lasciato condizionare dalla statura, proprio come succede a tutti i piccoli che poi si esprimono ad alto livello, come il suo.  “Non ho mai avvertito la taglia fisica come un problema. Guardo la televisione e vedo giocatori bassissimi dominare, come TJ Shorts in Eurolega. Anzi, penso sia stata un punto di forza perché posso aiutare i compagni a dare loro qualcosa con le caratteristiche che ho, tipo velocità, difesa”. Anche se il suo idolo è Steph Curry, ovvero il più grande tiratore della storia. “Sono stato sempre condizionato dalle due stagioni in cui fu MVP, il 2015, 2016, un periodo clamoroso. Seguo anche altri giocatori, mi piacciono Shai Gilgeous-Alexander e Anthony Edwards, ma loro hanno caratteristiche molto diverse dalle mie, saltano molto. Edwards ha un incredibile controllo del proprio corpo. Ma il mio preferito resta Curry: cerco di studiarlo, non solo lui, imitarlo, ma è molto difficile fare cose incredibili, sovrumane, quindi alla fine quello che cerco di assorbire è l’atteggiamento, è come si comportano con i compagni, come reagiscono alle difficoltà”.

Ricky Casella ha vinto uno scudetto Under 19, due volte la Next Gen ed è il Capitano di un gruppo che ha fatto storia. L’ha fatto giocando guidando sei nazionali italiani (Miccoli, Ceccato, Garavaglia, Suigo, Lonati, Van Elswyk), un nazionale marocchino (Karem), un nazionale rumeno (Badalau). “Lo scudetto del 2024 è stato un risultato guadagnato, costruito, con tanti sacrifici durante l’anno, sapendo che eravamo un gruppo quasi totalmente sotto età che doveva tirar fuori qualcosa di più per raggiungere l’obiettivo”. E Casella è cosciente che per arrivare allo scudetto è stato necessario che lui segnasse il canestro della vittoria in semifinale. “Poi in finale contro Tortona eravamo sicuri di quello che era il nostro potenziale, della vittoria”.

"Prima di quel canestro, che ricorderà per sempre, qualunque cosa riesca a produrre nel resto della carriera, l’Olimpia aveva incassato un canestro da tre che aveva ripristinato la parità. C’era stata un’incomprensione, un cambio difensivo non effettuato tra lui e Denis Badalau”. Ma Coach Catalani non ha chiamato il time-out, ha lasciato che giocassero. La scelta è stata un pick and pop tra Samuele Miccoli e Badalau. Quando quest’ultimo ha ricevuto palla era libero di tirare. “Ma il mio uomo è andato in rotazione su di lui. Denis ha fintato e ha scaricato a sua volta su di me”, ricorda Ricky. In quel momento l’istinto è in piena funzione, ma lavora anche la testa. Casella ha visto che a sinistra c’era Garavaglia libero perché il difensore l’aveva abbandonato per correre verso di lui. Una frazione di secondo per decidere sapendo che la giocata giusta era il passaggio ma che mancava troppo poco tempo per eseguirlo. “Un secondo, un secondo e mezzo, non ho guardato il cronometro, ma sapevo che eravamo alla fine. Ero tranquillo perché, se avessi sbagliato, ci sarebbe stato il supplementare”, riflette. Ma Casella è un tiratore e la palla ha lasciato le sue mani e… “sapevo che sarebbe finita dentro, poi ricordo gli abbracci, l’esultanza dei compagni. Bellissimo”.

Casella ha 18 anni e fa un certo effetto sentirlo parlare come un veterano, eppure lo è. Sono quasi dieci anni che fa parte del club: “Una parte di me la lascerò qua dentro in un club da cui ho imparato tantissimo, che mi ha dato valori, esperienze bellissime, vissute con persone fantastiche, rapporti umani che resteranno per sempre e infine un bagaglio tecnico che mi servirà se riuscirò a giocare come vorrei ad alto livello. Incontrando un bambino di otto-nove anni, quelli che avevo io quando sono arrivato, gli direi di non perdersi questa possibilità perché l’Olimpia gli cambierà la vita o la farà crescere tantissimo”.

E dopo le finali nazionali di Roma? “Vorrei giocare al livello più alto, penso alla B nazionale, dopo aver giocato in B interregionale quest’anno, proseguendo gli studi. Vorrei tenermi aperte due strade, avere sempre un piano alternativo, anche se la mia intenzione è di giocare al livello più alto che potrò senza sacrificare nulla al di fuori del basket”.