Il College Basket Entra nell’Era del Professionismo: Rivoluzione o Rischio per l’Europa?

Il mondo dello sport universitario americano ha ufficialmente imboccato la strada del professionismo. Dopo l’introduzione dei contratti NIL (Name, Image & Likeness), che hanno permesso agli atleti di monetizzare la propria immagine, ora arriva la svolta definitiva: le università potranno pagare direttamente i loro giocatori. Un cambiamento epocale che chiude oltre un secolo di dilettantismo forzato e apre un nuovo scenario ricco di opportunità, ma anche di incognite.
L’Accordo Storico: Cifre e Conseguenze
L’NCAA e le cinque principali conference (ACC, Big Ten, Big 12, SEC e Pac-12) hanno approvato un accordo multimiliardario per risolvere tre cause federali antitrust. L’intesa prevede il pagamento di oltre 2,7 miliardi di dollari in 10 anni agli atleti attuali e passati, con la possibilità per le scuole di destinare fino a 20 milioni di dollari all’anno ai propri giocatori.
Una svolta necessaria, perché il sistema stava ormai mostrando tutte le sue contraddizioni. Il college sport genera fatturati da centinaia di milioni di dollari, con contratti televisivi da capogiro: basti pensare che ESPN pagherà 1,3 miliardi di dollari fino al 2031 per i soli Playoff del College Football, mentre CBS versa 930 milioni all’anno per i diritti della March Madness. Fino ad oggi, però, i principali protagonisti di questo spettacolo non avevano visto un centesimo.
Se ne parlava da tempo, e ora è realtà: gli atleti universitari potranno finalmente essere pagati, trasformando il dilettantismo in un sistema professionistico.
College vs Europa: Il Basket Europeo Rischia di Perdere Talenti?
Se per i giocatori americani questa è una vittoria storica, la rivoluzione del college basket potrebbe avere ripercussioni importanti anche per il basket europeo. In particolare, il rischio è che i migliori prospetti decidano di lasciare i settori giovanili dei club professionistici per trasferirsi negli Stati Uniti, attratti da borse di studio e ora anche da compensi economici.
Il fenomeno non è nuovo. Già negli ultimi anni, giocatori come Nikola Jokić o Luka Dončić hanno scelto di restare in Europa per formarsi nei club professionistici, mentre altri talenti – come Ousmane Dieng o AJ Johnson – hanno optato per alternative remunerative come l’Australia o il G-League Ignite. Ora, con la possibilità di guadagnare legalmente anche al college, gli Stati Uniti potrebbero diventare ancora più appetibili per i giovani europei.
Nomi come Dame Sarr (Barcelona), Francesco Ferrari (Cividale) e Saliou Niang (Trento) sono già stati accostati ai college americani. E secondo Ettore Messina, presidente e coach dell’Olimpia Milano, il trend potrebbe accelerare nei prossimi anni.
“La gente fuori non sa che perderemo molto presto un sacco di ragazzi giovani che andranno a studiare al college, attratti dai contratti che possono offrire lì” ha dichiarato Messina. “Solo nel nostro settore giovanile abbiamo 4-5 giocatori che sono già stati contattati da università americane. Ho parlato con uno di loro e gli ho detto che ci deve andare. Perché è l’esperienza di vita più bella che puoi fare al mondo.”
Un endorsement che fa riflettere. Perché se da un lato il college offre un’esperienza formativa unica, dall’altro potrebbe penalizzare i settori giovanili europei, che già faticano a trattenere i propri migliori talenti.
Una Nuova Frontiera per il Basket Mondiale
L’introduzione dei salari nei college americani segna l’inizio di una nuova era. Il professionismo universitario potrebbe ridurre il gap con il sistema europeo, rendendo il college una vera alternativa alle leghe pro. Per i giovani talenti, la scelta diventerà sempre più difficile: restare in Europa per crescere in un sistema professionistico, o partire per gli USA con la possibilità di guadagnare e svilupparsi in un contesto diverso.
Di certo, il basket mondiale sta entrando in una fase di cambiamento.