LBA - Virtus, Luca Banchi: "Bologna città bellissima, passione e tifo smisurati"

LBA - Virtus, Luca Banchi: "Bologna città bellissima, passione e tifo smisurati"
© foto di SAVINO PAOLELLA

Quali sono le aspettative che il coach della Virtus Bologna Luca Banchi sul campionato LBA 2024-25 che lo vedrà già sul parquet nella giornata odierna a Trapani, lo ha dichiarato in una intervista uscita sul quotidiano "Domani". Globalizzazione della pallacanestro, confronto sportivo e culturale sono altri temi discussi dal tecnico di Grosseto, attuale commissario tecnico della Nazionale della Lettonia.

Voglia di serie A“Interessante. Ma io non lo dico io: presenze, esposizione mediatìca, c'è grande voglia di questo sport, l'ho visto a Bologna con un grande riconoscimento europeo, nazionale e cittadino. A Bologna ho trovato Una città bellissima, una passione smisurata e un tifo che ci ha aiutato a tenere alte le richieste della squadra”.

All’inizio non fu grande amore con la pallacanestro. “Uno sport scoperto non per vocazione, ma perché in famiglia fratello e sorella ci giocavano. Nell'immediato non è stato un grande amore ma disinteresse. Mi piaceva andare dai nonni e con gli amici più che agli allenamenti. Ma dopo ne sono stato travolto. La mia famiglia si trasferì da Grosseto a Montecatini, là scoprii che la pallacanestro era un'occasione per socializzare in un paese dove il basket era la religione”.

Quanto è cambiato il basket nell’era della globalizzazione. “È cambiato radicalmente più di ogni altra disciplina. Modifiche di regolamento, capacità di adattarsi dei giocatori. Adattamenti fisici, tecnici, tattici. Questo sta diventando sempre più io sport dei giocatori. L'allenatore deve fornire una servant leadership, una leadership al servizio di giocatori, che sono grandi atleti. Tu puoi solo ipotizzare cos'è la visione, ma loro la realizzano. I giocatori di basket sono tra gli atleti più completi al mondo per esplosività, destrezza, forza, tutte qualità difficili da combinare. Sono dei supermen, degli iron men”.

Banchi si è autodefinito un allenatore europeo. “Lo sport non è politica, dimostra quanto possiamo e dobbiamo essere cosmopoliti, io mi sento allenatore europeo non solo per questioni linguistiche e culturali, non ci sono mappe, confini, il basket forse prima di altri ha aperto all'afflusso di giocatori di diverse nazioni, e poi agli allenatori. Il confronto ha permesso a tutti di crescere. A livello sportivo oggi il confine non è nemmeno globale, figuriamoci se può essere continentale, è già riduttivo definirsi allenatori europei”.