Femminile: Sandro Orlando la "fuga" all'estero di un grande coach
Misteri della fede della pallacanestro italiana: Sandro Orlando è stato l’ultimo allenatore italiano a vincere una Coppa europea con una squadra italiana, l’EuroCup Women nel 2008 con Schio. Nella sua carriera ci sono 2 scudetti, sempre con Schio, 3 Coppe Italia, 1 con Ribera e 2 con Schio, una Coppa Italia di A2 con Napoli, un oro con la Nazionale Under 20 agli Europei 2019 (ultimo oro per adesso di una nazionale giovanile femminile). Ha allenato anche a Parma, Treviglio, in Ungheria. Però la nostra pallacanestro femminile se lo perde.
Perché il coach classe 1960 da Parma, dal maggio dello scorso anno ha intrapreso nuovamente la strada dell’estero: prima in Messico, alle Libertadoras di Queretaro, poi in Romania con la squadra femminile della A1 della gloriosa polisportiva del Rapid Bucarest. Prima di tutto Orlando facciamo il punto, come va?
“Io mi trovo bene. La città è grande e bella. La società è ben organizzata e piena di stranieri – la squadra femminile di pallavolo ha uno staff tutto italiano con il quale ho fatto il Natale – e grazie al fatto della polisportiva c’è davvero un grande respiro “sportivo” nella società. Tecnicamente ero partito con un tipo di squadra in mente e mi ritrovo alla fine del girone di andata con un’altra, grazie ad infortuni ed altri tipi di intoppi. Ma nel ritorno credo che e cose andranno a posto e conto di far meglio dell’attuale quinto posto”.
Com’è il livello del campionato rumeno femminile di A1?
“Tolta una squadra che è decisamente buona e più forte delle altre perché ha cinque, sei straniere, ed è il Sfantu Gehorghe che fa l’EuroCup (6 vittorie su sei e primo turno di play off con le belghe del Basket Namur Capitale,ndr) il resto è un livello più basso dei campionati di elitè europei. E’ tipo quello tedesco per intenderci. Però c’è una buona organizzazione perché quasi tutte le squadre hanno anche la squadra maschile e cercano di crescere per arrivare al livello medio dei migliori campionati europei. I viaggi sono comodi nonostante ci siano solo due autostrade vere. La Federazione, che è presieduta da una ex giocatrice (Carmen Emilia Tocalà,ndr) è molto attenta al femminile e la sensazione è che basterebbe poco per fare il salto di qualità”.
Cosa manca?
“Qualcosa nell’organizzazione generale. E le giocatrici. Le over 35 per esempio e sono tante, sono brave e professionali - il mio playmaker è del primo gennaio del 1982 - e guadagnano bene rispetto alla media dei salari qui in Romania. Ma le giovani faticano molto ad esprimersi ed a crescere. Nel maschile per esempio c’è un Accademia federale che fa la serie A2 mentre nel femminile non esiste. Molte società sono emanazioni di enti o organizzazioni statali come noi che discendiamo dalla sezione sportiva dei Trasporti, o la Steaua che viene dall’Esercito, un’altra dal Ministero della Cultura e via dicendo. Noi abbiamo una mensa che è una vera e propria raccolta di popoli e genti di tutto il mondo e questo è bellissimo”.
Parliamo di Bucarest allora, come si vive?
“Bene. Almeno io ci sto bene. La città come dicevo è bella e la gente è accogliente. Moltissimi parlano italiano, ci si capisce anche con un po' di francese. La città vecchia poi è piena di locali e negozi di ogni genere. Inoltre è ancora una città dove la vita costa cifre ragionevoli. E’ una città viva. Piena di italiani quindi ogni tanto ti senti a casa”.
Quando la rivediamo in Italia?
“Se qui le cose dovessero andare per le lunghe e quindi dovessimo fare i play off, penso che ad aprile avrò finito. Il tempo di tornare a casa, cambiare le valigie e riparto per il Messico, dove hanno deciso di allungare il campionato fino ad agosto. Quindi per vedermi in Italia ci vuole un po'”.