Alessandro Gentile: «Milano è stato un amore viscerale. Mi sono sentito perso»
Alessandro Gentile si racconta a SportWeek su La Gazzetta dello Sport. Tanto spazio alla sua persona, la salute mentale, il rapporto con papà Nando e alla carriera, ovviamente anche all'Olimpia Milano. Di seguito un estratto: «Quello Scudetto a 21 anni da capitano è stato un peso? Non l'ho vissuta così. Quello scudetto resta innanzitutto una gioia che nessuno potrà togliermi. Poi succede che le cose non vadano come uno se le è immaginate. Nel caso della mia storia con Milano sono successe cose che hanno portato all'interruzione del rapporto. Forse io non ero pronto a gestire quella rottura e questo ha avuto ripercussioni sul prosieguo della mia carriera. Se però devo dirti che ho sentito il peso delle responsabilità, di dover dimostrare, dopo quel titolo, di saper fare sempre più e meglio, no, non posso dirlo. Semplicemente, perché quel tipo di responsabilità l'ho sempre avvertita: sono molto competitivo e ho la necessità di dimostrare di essere forte, il più forte. Dare di sé l'immagine di un vincente è logorante, ma è una sensazione che mi piace».
Dopo l'addio di Milano il passaggio al Panathinaikos, quello che definisce il rimpianto più grosso. «Non ho saputo metabolizzare il distacco dall'Olimpia. Milano è stato un amore viscerale, facevo fatica a dormire dopo le sconfitte, ero molto legato alla squadra, al presidente, a tutto quello che Milano rappresentava per me. Quando il rapporto si è chiuso, mi sono sentito perso. È arrivato subito un grande club come il Pana, ma io non ero me stesso e ho fallito. Amen. Dopo? Ho cercato di tornare a un livello che mi facesse star bene. Ho vissuto belle esperienze e altre meno buone, ma penso che, dal Pana in poi, in campo mi sono sempre riconosciuto. Questo al Pana non era successo. Sono contento di come ho giocato in Spagna, a Trento, a Varese all'inizio».