Vittorio Gallinari: «Una volta il Gallo ero io. Poi Danilo a 16 anni era già più forte di me»

Intervistato da Giulia Arturi su “La Gazzetta dello Sport”, Vittorio Gallinari ha ricordato i suoi tempi all’Olimpia Milano di Dan Peterson e Mike D’Antoni: “In quel gruppo tutti avevano un ruolo. E Peterson pubblicamente difendeva sempre i suoi giocatori. Coach Dan mi diede lo spazio per concludere gli studi di economia alla Bocconi. Fu una grande soddisfazione”.
Vittorio Gallinari è stato una bandiera dell’Olimpia, avendoci militato per 11 anni: “Quando vado a vedere le partite e i tifosi mi riconoscono, sento di appartenere a una storia importante. Far parte di quel gruppo eccezionale è motivo d'orgoglio. Si parla spesso di vittorie di spogliatoio, e noi ne eravamo la prova. Si rideva, si stava bene insieme, e in campo si lottava uno per l'altro. Valorizzavamo i punti di forza di ciascuno e sapevamo accettare gli errori degli altri”.
Vittorio era noto per essere un mastino difensivo: “Io ero apprezzato per quello che facevo, da parte sia dei compagni sia del pubblico e questo mi dava soddisfazione, insieme alle vittorie. Lo sentivo: ero in panchina, magari contro Caserta, dove giocava Oscar Schmidt, che non sbagliava mai. E percepivo che il pubblico aspettava che io entrassi a difendere: era un'emozione. E quando poi ci riuscivo, era una grande orgoglio”.
Qual è stato il suo trionfo più bello? “Le prime volte rimangono impresse: il primo scudetto, la prima Coppa Campioni... Ma c'è un altro ricordo a cui tengo molto. L'unica coppa che mi mancava era la Coppa delle Coppe: l'avevo persa a Ostenda con Milano. Poi, a Bologna, l'ho vinta contro il Real Madrid a Firenze. Quella vittoria chiudeva un cerchio”.
Vittorio ha anche accompagnato la crescita dagli esordi del figlio Danilo: “Quando mi iniziò a battere in 1vs1? Lui direbbe a 13 anni. Ma diciamo 16! Si è visto un po' prima che aveva qualità fuori dal comune e talento. E lui diceva che quello che non aveva talento ero io! Anche se io ero un bel banco di prova. Sapete, tutti gli dicevano che era il più bravo, il mio ruolo era quello di abbassare un po' le sue aspettative, di fare in modo che rimanesse comunque con i piedi per terra. Quando ha indossato la maglia dell'Olimpia? È stato un momento davvero indimenticabile”.