esclusiva pb

: Andrea Bosco, "Vorrei Matilde ed Eleonora alla Reyer"

L'intervista con uno dei giornalisti più esperti di basket, ma non solo, lancia un'idea al presidente della Reyer Venezia. Ma è un viaggio dentro la storia
01.08.2024 18:11 di  Eduardo Lubrano   vedi letture
ESCLUSIVA PB: Andrea Bosco, "Vorrei Matilde ed Eleonora alla Reyer"

Diè N' Ai. “Che Dio ci aiuti” in veneziano. Come l’altra più famosa “Duri i banchi” possono essere state pronunciate chissà quante volte dai marinai della Serenissima essendo parte del loro linguaggio, in situazioni difficili. Andrea Bosco invece ogni volta che pronuncia il nome della sua ex società Diè N' Ai, lo dice con un piccolo tono di emozione. Ha giocato “come riserva” ci tiene a precisare, al campo dei Gesuiti o Gesuati come dicono a Venezia.  Quando il Lido di Venezia era pieno di società. Tanto che più tardi è stato dirigente della Lambretta Lido una società inventata da Gianni De Col, un imprenditore, con dei ragazzini.

La mia passione per il basket – racconta a PB, Bosco, giornalista, scrittore, ideatore di mostre, curioso delle storie di questo mondo e quant’altro, in fondo alla pagina “Chi è Andrea Bosco” – è nata in II^ media quando ero compagno di classe di Paolo Zanon. Dopo la scuola andavamo a giocare nell’androne del palazzo signorile di un altro compagno. Eravamo tutti un po' scarsi tranne Paolo che poi avuto una stupenda carriera di arbitro. Però un anno partecipando al Torneo delle Scuole alla Misercordia, pur uscendo quasi subito, abbiamo ottenuto un grande successo con le ragazze

Scusi Bosco a proposito della Misericordia, le mi accennava ad un episodio curioso?
Uno se ne possono raccontare diecimila legati a quel posto. La Misercordia all’interno dello spazio dove per anni si è giocato a basket, è basilica sconsacrata opera del Sansovino " la piu' bella palestra del mondo" oggi museo, decorata da opere di grandi pittori della scuola veneziana, Veronese, Zanchi, Lazzarini, Pellegrini e non in ultimo Domenico Tintoretto figlio del celebre Jacopo. Un anno alla Reyer arrivò questo giocatore americano, Steve Hawes, un’enciclopedia della pallacanestro, il quale alla fine dell’allenamento si poggiò tutto sudato ad una di queste opere d’arte. Fu sgridato malamente “Che fai? Quelli sono affreschi!”. Ecco è quello che mi è tornato in mente adesso, perché io andavo lì a veder giocare la Reyer”.

Torniamo alla sua carriera di giocatore
“Carriera? Non direi, comunque dopo le medie poiché avevo una testa “calda”, i miei mi spedirono in collegio, Istituto Filippin a Paderno del Grappa in provincia di Treviso. Lì ho giocato a basket ancora, ma anche a tennis e calcio dove ero più bravo. Avevo tato tempo per far sport anche perché essendo spesso punito, a casa mi ci mandavano poco. Dopo il collegio un amico mi ha portato alla Diè N' Ai. A livello juniores giocavamo anche con la Reyer. Il mio allenatore, al quale sono legatissimo tutt’ora, Giorgio Dario è l’uomo che ha inventato la difesa col flottaggio. Io avevo capito che tirando da lontano non prendevo botte sotto canestro, quindi il mio modo di giocare era in contropiede o l’uno contro uno”.

Poi il trasferimento a Milano
Time out. Prima scrivevo da Venezia per il Guerin Sportivo in un momento epico. Il Conte Rognoni era il proprietario e direttore anche se questa carica almeno virtualmente la ricopriva Gianni Brera. Elio Domeniconi faceva il giornale nel vero senso della parola e Marino (Guargaglini, ndr) disegnava delle vignette pazzesche. Io uscivo dall’Università andavo al Penzo per il Venezia calcio e poi alla Misericordia per la Reyer. Era un mondo diverso ed anche il basket che ho vissuto in quegli anni era diverso. Accadevano cose incredibili. Ho conosciuto tante persone con storie particolari. Nemanja Djuric per esempio, il primo straniero della Reyer dopo la riapertura delle frontiere. Una volta sono andato all’aeroporto a prendere George Brosterhous, il primo americano dell’Olimpia dopo il cambio di sponsor da Simmenthal ad Innocenti. Lui viveva con un pitone. Sono andato, quando ero ancora a Venezia ad accogliere Charlie Yelverton con un collega all’aeroporto Tessera, invitato al Torneo delle Quattro Fontane – del quale per un’edizione ho scritto le cronaca -  dove hanno giocato, in anni diversi, anche Kenney, un playmaker apolide De Angelis, Ubiratan, il brasiliano, detto “Bira”. Yelverton era un personaggio straordinario: scese dall’aereo con le infradito, una maglietta normale, jeans e la custodia del sassofono. E poi vorrei ricordare un episodio che riguarda Carlo Fabbricatore, che scrive su Pianeta Basket, ndr. Ero alla palestra dell’Olimpia ed in visita c’era il mitico Dean Smith. Dopo aver visto Carlo giocare contro i suoi, disse a Cesare Rubini: ”Se me lo dai, io questo qui lo porto in America a nuoto!”.

Anche nel mondo del giornalismo ha conosciuto e lavorato con grandi personaggi
Campana, Eleni, Cassani solo per citarne tre. Per un anno e mezzo ho lavorato per la Gazzetta dello Sport. Ed Aldo Giordani su tutti al quale devo tantissimo. In quel periodo non c’erano le tv che trasmettevano le partite NBA così facevamo i pezzi prendendoli dai giornali americani. Ed Aldo disse che non potevo firmare col mio nome perché bisognava far vedere che avevamo un corrispondente americano. Quindi si inventò il soprannome Andy Wood che è la traduzione in inglese del mio nome vero. Ma a parte questo a Giordani devo tante cose. Un giorno mi citofonò al mattino prestissimo e mi disse che dovevo accompagnarlo a vedere uno fortissimo. Così in una bella mattina brianzola vidi per la prima volta Pierluigi Marzorati e rimasi impressionato da quel ragazzino già così forte. Anni dopo quando mi arrivò la notizia che a circa 30 minuti di macchina da Cantù una ragazzina di 15 anni aveva segnato 36 punti nella A1 femminile (Costa Masnaga-Dinamo Sassari, 28 novembre 2020, cliccando il filmato), feci la stessa cosa ma da solo: sono andato a Costa Masnaga a vedere giocare Matilde Villa. Stessa bellissima impressione e la visione del futuro”.

Qui la volevo Bosco: Matilde Villa è alla Reyer, facile dire che è contento…
Assolutamente sì. Cerco di non perdermi una partita delle ragazze – così come dei maschi – perché lei, Matilde ha quello che il mio primo allenatore, Giorgio Dario, chiamava “Il dono”. Sa dov’è il canestro anche ad occhi chiusi, lei sente il canestro. E senza scendere in paragoni che risulterebbero difficili da spiegare, lei ha una sorta di intimità affettiva e di sensi col pallone. Un amico veneziano che frequenta il Taliercio sempre, mi ha detto che è per lei se al palasport di Mestre si rivede un po' di gente anche nelle gare femminili. La gente va per vedere la Reyer che è un’ottima squadra e lo sarà ancor di più con l’arrivo di Stankovic ed il recupero di una giocatrice speciale come Mariella Santucci”.

Cos’è quella storia del ticket Villa?
Sorrido se ci penso…Eleonora Villa è un’altra giocatrice formidabile ed io penso che il sig. Brugnaro – magari risolti i problemi nei quali è invischiato adesso – appena possibile dovrebbe portare Eleonora in Reyer per riformare l’accoppiata Villa, straordinaria. Ho una suggestione: rivedendo il filmato della gara dei 36 punti di Matilde mi è sembrato di rivedere Pete Maravich…”.

Parliamo del resto delle giocatrici e giocatori italiani?
Le cose potranno cambiare solo quando si avrà una valutazione diversa dello Ius Soli. Le ragazze devono potersi fidare del sistema basket. E poi bisogna che quelle di stazza siano indirizzate verso il basket e non sempre e solo verso altri sport. E’ chiaro che tutto deve rientrare in un processo che porti il basket dentro le scuole, che si rifondino le scuole di minibasket che secondo me sono un fallimento. Vale per maschi e femmine: in genere i lunghi maturano più tardi come età, in più i nostri, le nostre sono poche, quindi questi tempi si allungano perché non c’è competitività.. Mi spiace che non siamo all’Olimpiade di Parigi? Certo ma non do grandi colpe a Pozzecco, il problema che il Presidente Petrucci ha una visione conservativa del movimento”.

E l’Olimpiade chi la vince?
Gli Stati Uniti ma se trovano il Canada prima della finale possono avere un problema. Parlo del maschile, in campo femminile temo non ci sia storia per Taurasi e compagne. Fossi l’allenatore di Team Usa partirei con il terzetto dei Boston Celtics più Lebron e Davies ma è una mia fantasia. E certo non mi aspettavo un Kevin Durant in questa forma strepitosa”.

CHI E' ANDREA BOSCO
Andrea Bosco, veneziano d’origine, dal 1971 vive e lavora a Milano. Laureato a Padova in Lettere Moderne ha intrapreso la carriera di giornalista dopo gli studi liceali. Inizialmente come cronista sportivo, successivamente come specialista culturale.

Ha collaborato nel corso degli anni per varie testate, tra le quali “Il Gazzettino”, il “Guerin Sportivo” (direttore Gianni Brera), “La Notte” (direttore Nino Nutrizio), “Il Corriere d’Informazione” (diretto da Palumbo), “Tuttosport” (con Jacobelli) e il “Corriere della Sera” (diretto da De Bortoli). Ha lavorato alla “Gazzetta dello Sport” (con Gualtiero Zanetti) per la Divisione Libri e per i Periodici della Rizzoli (con Paolo Mosca). Per cinque anni è stato a “Il Giornale” (con Indro Montanelli). È stato per vent’anni, fino al raggiungimento della pensione, alla Rai di Milano come conduttore del Tg regionale e caporedattore del settore Cultura, Moda e Spettacoli. Oggi scrive per il sito “Tmw” del quale è anche opinionista radiofonico.
Per quattro anni ha tenuto un corso alla Cattolica di Milano sul Linguaggio della Comunicazione.
Per la Provincia di Milano ha curato le mostre Kit Carson e dintorni e (con Elena Scantamburlo) Buena Vista. Sempre per la Provincia di Milano ha realizzato il documentario Sergio Bonelli, l’avventura del fumetto. Per il Piccolo Teatro di Milano ha firmato il docufilm La compagnia alla prima, dietro le quinte dell’allestimento dell’opera di Edward Bond per la regia di Luca Ronconi.

Ha scritto Duri i banchi. Storia di una società benefica, la raccolta di poesie Fiori di Henry, Brera e Rivera, Una voce in campo (dedicato a Nicolò Carosio) con il quale ha vinto il premio De Martino – Amore per lo Sport, il libro fotografico Benvenuti a Milano negli anni Novanta, Pocahontas e le altre (con Pierluigi Ronchetti), I cavalieri del West (con Domenico Rizzi).
Nel 2010 ha realizzato lo spettacolo Scoprendo Salinger, portato in scena al teatro di Verdura di Milano e il cui testo è stato successivamente pubblicato. Nel 2016 ha dato alle stampe La partita di Omega e altri racconti.