Lega A - Olimpia Milano, parla Messina: "Attenti al Poz"
Siamo nella settimana che porta alla Supercoppa italiana, alla quale per la prima volta dal 2014, da quando si assegna con semifinale e finale, l'Olimpia Milano non vi partecipa. Nel suo ruolo di osservatore speciale dell'evento Ettore Messina - che la Supercoppa l'ha vinta una sola volta alla guida della Benetton Treviso nel 2002 con il 100-72 sulla Virtus Bologna - spiega le sue prime impressioni sulla serie A italiana al rientro dall'esperienza quinquennale nella NBA dei San Antonio Spurs ad Andrea Tosi de La Gazzetta dello Sport.
Si riparte da Treviso. Sulle prime non ho pensato a quella coincidenza. Mi fa piacere ricominciare da una piazza dove io e la mia famiglia ci siamo trovati benissimo e dove ho potuto cogliere molti successi. E sono felice che Treviso sia tornata in Serie A guidata da un allenatore di cui ho grande stima. Ai tempi della Nazionale avevo sondato Max Menetti per guidare la Under 20.
Un altro campionato. Ho lasciato tanti colleghi che ora non ritrovo. Di quel mio ultimo campionato sono rimasti Pancotto, Bucchi e Caja. Quindi devo fare la conoscenza dei tanti nuovi allenatori e studiare i loro sistemi. Ritrovo una lega che dopo tanti problemi sta vivendo un nuovo fermento tecnico positivo. Squadre come Venezia, Virtus Bologna e Sassari hanno vinto in Europa, poi ci sono i ritorni di club blasonati come Treviso, Fortitudo Bologna e Roma. Dal punto di vista politico, la mia aspettativa è che la lega torni ai tempi dei grandi manager come sono stati Porelli, Gabetti, Bulgheroni, Allievi. Non voglio fare un confronto di persone, ma vorrei richiamare l’etica dei comportamenti. Non occorre un “uomo forte” per guidare il sistema, ma una forte coesione tra i proprietari, come deve essere in campo tra i giocatori, per perseguire il bene comune».
Proprietà. Non ci sono coach o giocatori, per quanto importanti, capaci di modificare certe dinamiche. Sono i proprietari a cambiare gli orizzonti dei club. Olimpia e Virtus devono ringraziare le loro grandi proprietà se hanno potuto condurre un mercato importante e ambizioso.
Scudetto. L’impegno della società e della squadra è mirato a due obiettivi: tornare a vincere il tricolore e raggiungere i playoff di Eurolega. Ad oggi non so dire quale sarà il più facile. Per competere su entrambi i fronti sarà importante avere buona salute e giocare bene quando affronteremo le partite decisive.
Chi per la vittoria finale. Ho sempre pensato che in finale vanno le squadre migliori. Non c’è budget che tenga. E il campionato italiano è storicamente legato all’epopea di club provinciali che hanno vinto tanto: Cantù, Varese, Pesaro, Caserta, Siena. Credo sia giusto che rimanga così. Nella Nba c’è il concetto di “small market”, per esempio la mia San Antonio fa parte di quella dimensione. Una finale Los Angeles-New York non è determinante per il bene della Lega che invece è florida e dinamica anche se in finale vanno città e franchigie meno famose e popolate.
La Virtus è ovviamente in prima fila, ma non va snobbata Venezia. La Reyer ha lo scudetto sul petto, ha vinto due titoli e una coppa in tre anni, la sua forza è un organico omogeneo. Il paradosso è che negli ultimi playoff ha fatto più notizia il flop di Milano o l’exploit di Sassari anziché il titolo di Venezia e non l’ho trovato giusto. Poi c’è appunto Sassari, spinta dall’elettricità positiva di coach Pozzecco e del presidente Sardara. Cremona viene da una stagione eccellente col successo in Coppa Italia e il timbro di Meo Sacchetti. Brescia ha potenziale, Varese ha un grande allenatore, Attilio Caja, che è una garanzia. Tutte squadre da small market assimilabili agli Spurs, perciò pericolose. Molte non hanno fisicità ma tutte sono versatili. In generale, credo che sarà molto difficile vincere in trasferta nel prossimo campionato.
Attenti al Poz. In Serie A tutti i coach sono meritevoli di rispetto. Se devo scegliere, dico il Poz. Mi ha sorpreso per come ha trasformato la sua visione del basket. A Sassari ha smesso i panni dell’ex giocatore diventando un allenatore vero. È un avversario insidioso. Avrei preferito che fosse rimasto sulla spiaggia di Formentera a godersi la vita…