A2 - Franco Ciani: il nuovo corso Poderosa, l'emersione di Serpilli, i giovani italiani tra incudine e martello
Franco Ciani: per la Poderosa XL Extralight debutto con vittoria ad Imola. Non banale perché la vostra è una delle squadre con età media più bassa, nella quale il 24enne Cucci fa la parte del veterano. E, nel finale di grande equilibrio, avendo davanti giocatori di provata esperienza come Robert Fultz e Tim Bowers.
“Possiamo dire di averla vinta da veterani, nonostante un roster tra i più giovani. Una qualità che speriamo di saper consolidare nella stagione. E’ stato importante l’aver saputo diversificare i protagonisti, Cucci, Palermo, Serpilli, Bonacini. La trasferta ti toglie la pressione dell’esordio casalingo, ma storicamente non è mai semplice vincere fuori”.
Non avrebbe firmato per il successo, se avesse saputo di un James Thompson da appena 15 minuti e 2 punti.
“Ho avuto tanti rookie e so che passeranno mesi prima di avere da lui un rendimento costante. Il valore della vittoria, nata del gruppo italiani, ha con sé anche il messaggio di togliergli la necessità di dover fare qualcosa di trascendentale. E di saper convivere con i logici alti e bassi che avrà”.
Aaron Thomas è l’uomo cui andare quando serve, ma le scelte estive vere sono state sugli italiani: la conferma di Palermo, la promozione di Mastellari, il ruolo di Cucci, il backup di Bonacini.
“Thomas è la nostra polizza assicurativa, necessaria nel momento in cui si è deciso di dare spazio ed un ruolo ai giovani. Mastellari è un ’96 alla prima esperienza da titolare, con lui ci sono un ’98 (Berti), un ’99 (Serpilli) e tre 2000 (Miani, Angellotti e Conti). Fanno cinque esordienti, o quasi. Il resto delle scelte dovevano risultare oculate e complementari. I giovani vanno lanciati, ma anche coperti”.
Viene da tante stagioni in A2 Ovest, ad Agrigento. Come vedeva l’Est da quell’osservatorio?
“Negli ultimi anni la differenza era legata prevalentemente al fatto che le Società più forti economicamente, più strutturate, ed ambiziose, fossero tutte concentrate da questa parte. Le due di Bologna, Treviso, Trieste, Brescia. Che costringevano le rivali ad Est ad essere più forti, quindi attrezzarsi. Quest’anno la situazione appare molto più equilibrata, ci sono realtà ambiziose su entrambi i fronti”.
Meno squadre: da 32 a 28.
“Meno squadre e livello medio più alto, stessi posti nei playoff ma per meno squadre in corsa. Tante novità, sono da scoprire. La sensazione è che ad Est ci fosse più abitudine ad un maggior numero di tatticismi, con molte chiamate sui giochi offensivi. E ad Ovest non minore qualità, ma meno playbook e più gioco basato sulle caratteristiche dei singoli. Ma anche qui stiamo andando verso una pallacanestro molto simile”.
Sono stati 18 i giocatori under partiti in quintetto domenica. Su tutte Capo d'Orlando e Roseto, hanno trovato minuti e punti Bortolani (Biella, 21), il vostro Serpilli (20), poi c’è stata la doppia-doppia di Mobio (Capo d’Orlando, 12+11). Lampi da prima giornata o segnali ben chiari?
“Continuo a ripetere, pur creando malumori e polemiche, che le regole sugli Under vanno benissimo. Per creare opportunità. Se i giocatori si limitano a vivere le regole per sfruttare il momento, le regole diventano invece controproducenti”.
Ci spieghi.
“Utilizzo la metafora dell’incudine e del martello. Io, da under, un posto lo trovo: e quelle 2-3 stagioni rappresentano il martello della mia vita cestistica. Alla mezzanotte del primo anno da senior, divento incudine. E se non ci arrivo avendo maturato qualità ed esperienza, vengo preso a martellate. Parlo per due che ho avuto, Fabio Mian e Lorenzo Ambrosin: l’occasione creata dalle regole è passata loro davanti e ci sono saliti sopra con ardore ed energia. Uno staziona in A, per l’altro sarà uno sbocco naturale. Ma chi non vive quella finestra con la stessa fame, avrà guadagnato un po’ per qualche anno e raccontato di essere un giocatore professionista”.
Ci parli di Michele Serpilli, eclatante al debutto.
“Ha una duttilità tattica importante, ballando nei due ruoli di ala. Può essere un 4 tattico, piccolo, sulla scia di un Rosselli che ci ha costruito una carriera vincente di altissimo livello. Unisce grande sensibilità di tocco, tiro da 3, fisicità, ed un buon atletismo, pure se ci deve lavorare. Deve affinarsi difensivamente. Cosa gli chiedo? Di restare sereno ed intenso”.
Che stagione si aspetta dalla Poderosa?
“E’ stagione di profondo ringiovanimento, un cambio di strategìa per la Poderosa ma non per me che l’ho vissuto ad Agrigento. Il manifesto è centrare la salvezza dimostrando competitività. Questo passa dalla crescita dei giovani e dell’americano esordiente, saranno i due indicatori del nostro valore reale. Una volta salvi, non dobbiamo precluderci nulla. Qui il recente passato è stato molto felice, però dobbiamo essere razionali, partendo da una salvezza con orgoglio. Ne ho viste di ambizioni dichiarate ed affondate in mari tempestosi”.
Domenica riceve la Piacenza di Gabriele Ceccarelli, che fece bene nella stagione del debutto. Poi è arrivato Cesare Pancotto, Final Eight di Coppa Italia e playoff. Questo è un posto dove gli allenatori possono lavorare.
“Per me si trattava di lasciare un posto magico: Agrigento, Moncada, la Società. E potevo farlo solo per un luogo che avesse le potenzialità per ripercorrere quella strada. Mi hanno preceduto allenatori che hanno fatto bene, vuol dire che c’è una struttura. Pochi mesi dopo, le mie supposizioni sono divenute realtà. Il programma è serio e per essere definito tale non è necessariamente “vincere il campionato”.
L’obiettivo è scritto: la cittadinanza onoraria di Montegranaro. L’hanno già conferita a Stefano Pilastrini e Randolph Childress. E lei sa di cosa si parla.
“L’ho avuta ad Agrigento e ne sono orgoglioso. MI piacerebbe poter lasciare anche qui un qualcosa di importante. E pare si possano collezionare. Basta meritarsela…”.
Ha allenato anche nel Settore Squadre Nazionali, un’esperienza con l’Under 20. Critica selvaggia dopo un risultato deludente, ma le proposte per cercare di andare oltre la polemica?
“Una ricetta non c’è e neanche una formula magica. Dobbiamo ricominciare. Sono di estrazione contadina e friulana, cresciuto nel mito del concetto del lavoro. Reclutamento, qualità, lavoro quotidiano in palestra. Altri sport in questo paese trovano fisicità. Noi meno. E questo non è possibile. Quindi meditare. A partire dal contesto scolastico. Sia chiaro, se parte tutto domani i risultati arrivano nel prossimo decennio. I Club devono tornare ad investire, avere fiducia e pazienza. Allenatori buoni di settore giovanile vanno in B perché devono poter vivere. Bisogna tornare a dare un valore a chi forma i giocatori”.
Ad una Nazionale servono giocatori pronti a reggere 40 giorni di collegiale full immersion per poi giocare tutte partite da dentro-fuori, affidando palloni pesanti quando c’è da chiuderle. I Club dovrebbero formarli, ma hanno l’esigenza di vincere le partite; e con loro gli allenatori, che altrimenti saltano. Ed il livello dei campionati giovanili non è formativo per giocare un Europeo.
“Ricordo una Finale Nazionale Juniores ad Udine. In campo Pittis, Cantarello, Coldebella, Rusconi, Gentile, Esposito. Giocatori straordinari, guidati da allenatori straordinari. Nei troverei 50 di quelli che hanno fatto la A. Quanti di quelli di adesso giocano in A e A2?”.
Chi decide tra coloro che hanno in mano i destini di questi ragazzi: i Club, gli allenatori, la Fip?
“Una volta produrre i giocatori rappresentava un incremento del patrimonio del Club, una fonte di reddito, per quanto sia sgarbato dirlo. C’era il cartellino. Oggi non si produce più valore, per il Club ci sono solo costi. Sul piano tecnico bisogna trovare una sinergia tra gli istruttori federali, che devono essere i migliori in circolazione, e gli allenatori di A. Un rapporto che non deve essere affettivo, ma consistente”.
Come si torna a rendere una Nazionale giovanile maschile competitiva in Europa?
“Israele, che vinse l’Under 20, rimase in ritiro due mesi e mezzo. Da noi c’è la maturità, ed arrivi agli Europei che metà squadra ha fatto 15 allenamenti. Non parlo di colpe, ma è la realtà. Poi la formazione degli allenatori: io sono passato dai corsi CNAG, che erano di livello altissimo: De Sisti, Taurisano, Guerrieri”.
Perché il Club Italia funziona meglio nel volley che nel basket?
“Bella domanda. Non so se per cultura, organizzazione, o perché l’incidenza dei Club è minore. Da noi quando prendi il migliore al Club non è per valorizzarlo in Nazionale, ma è uno che porti via... Quando ci si ritrovava all’Acqua Acetosa il confronto fisico tra noi e le Nazionali di altri sport era inquietante”.
Torniamo alla A2: fase ad orologio, per giocare più partite. Si inizia prima ad incrociare Est ed Ovest. Praticamente succederà sempre dal 6 marzo in poi, con l’inizio della Final Eight di Coppa Italia.
“Lo scopriremo, bisogna viverle. Ho sentito dire “l’orologio è obsoleto, giochi contro sei e non tutte”. In realtà è uno stimolo nuovo, da vivere in maniera giusta. La Supercoppa è stata una competizione ufficiale che ha creato interessanti prospettive di stimolazione. Può esser positiva limando qualche aspetto, soprattutto sull’aspetto fisico. Lì il nostro lavoro ha subito uno stop”.
Le sue favorite per la promozione in A?
“Verona, Forlì, Udine, Scafati, Tortona. E Mantova è una buona squadra. Forse mancano le leader designate e questo rende la stagione eccitante”.
Stefano Valenti
Area Comunicazione LNP