Dopo dieci anni la moglie di Kobe Bryant chiede il divorzio per troppa infedeltà

Il caso più clamoroso di divorzio di un campione negli Usa è quello di Tiger Woods, ferito nel novembre 2009 in un misterioso incidente seguito ad una lite con la moglie Elin. Le successive rivelazioni delle scappatelle del golfista anticiparono le pratiche di un divorzio che costò all'ex n.1, si dice, 500 milioni di dollari. Dicono che il suo sponsor non voglia farsi trovare impreparato e abbia già prenotato i banchi dell'aula di tribunale in cui si terranno le udienze: proverà a infilarci la pubblicità di una rivoluzionaria scarpa da jogging e da processo. Perché Kobe Bryant divorzierà. Sua moglie Vanessa Laine non ne può più delle sue scappatelle in terzo tempo: «Sono stufa». Schiacciata dai tradimenti, ha deciso di rompere il decennale ma quasi mai confortevole matrimonio, appena rallegrato dalla nascita di Natalia e Gianna, 8 e 5 anni. Per ottenere il massimo dalla separazione la signora Bryant ha chiesto assistenza a un rinomato bulldog del foro, Laura Wasser, l'avvocato prediletto di Angelina Jolie e Britney Spears. Kobe finisce l'anno nel peggiore dei modi e a questo punto della sua personalissima notte, cornafacendo, soltanto un allungamento del "lockout" che ha paralizzato il campionato Nba avrebbe potuto preoccuparlo di più. Con i Lakers sognava di confermare i titoli consecutivi del 2009 e del 2010 e invece la sua franchigia è incappata in una brutta stagione. Forse la peggiore, soprattutto per le attese che l'hanno preceduta, da quando esiste, produce e stupisce un uomo chiamato Kobe. Il lockout lo ha innervosito. Bologna è svanita. Poi gli hanno venduto Odom. Poi ha sbroccato Vanessa. E che diamine. Travolti da «divergenze inconciliabili» i coniugi Bryant hanno invocato la privacy sulle proprie disgrazie, ma sarà ben difficile che il coperchio resti lì a coprire la pentola del gossip. C'è già chi si diverte a immaginare l'ammontare degli eventuali alimenti. Kobe stava per venire a giocare in Italia, a Bologna. Lo stuzzicava l'idea di esibirsi, magari per un mesetto, nel paese dov'era cresciuto e dove suo padre Joe aveva lasciato qualche ricordo (Rieti, Reggio Calabria, Pistoia, Reggio Emilia). Sul vecchio Joe, fra l'altro, pesa una colpa che nel tempo si è rivelata una fantastic aintuizione mediatica: chiamò suo figlio come la carne giapponese mangiata pochi giorni prima della sua venuta al mondo. A febbraio, con una media in carriera di 25,2 punti a partita, questo 33enne pezzo di carne giapponese in maglia gialla (o viola) che fra sponsor Nike e ingaggio guadagna più o meno 600 mila dollari a partita, è diventato il primo giocatore di sempre a lasciare l'impronta delle sue zampe sulla Walk of Fame di Hollywood. Peccato per lui che sull'asfalto erano riconoscibili anche i buchi di svariati tacchi a spillo. I quali hanno prima insospettito e poi stremato la pur paziente Vanessa. Durante il soggiorno in Italia pare che Kobe abbia avuto l'ultima fatale storiella. Come Tiger Woods e Jake La-Motta, due tanto per dire, da ogg iin poi Kobe simboleggerà la grandezza e la leggerezza, il mito pubblico e ia fragilità privata. Storie con un lato bello e un lato banale. Forti sul loro ring di competenza, seri e disciplinati sotto il loro canestro di riferimento. Ma ribaldi e insaziabili fuori. Di più: nel 2003 la dipendente 19enne di un albergo nel Colorado lo accusò di stupro. Lui ammise il rapporto sessuale ma aggiunse: «Fu consensuale». In quella circostanza Vanessa gli rimase accanto, anche perché qualcuno quella benedetta cauzione di 25 mila dollari doveva pur pagarla. Kobe ricompensò la moglie con un diamante da un milione di dollari che si vedeva anche dalle Hawaii. Come è accaduto a Strauss-Kahn, le accuse contro di lui crollarono. Rimase in piedi un innocuo processo civile. Poco dopo nacque Gianna. Ma Vanessa non si è più tolta gli occhiali. Bisognava guardare bene quel che succedeva intorno al suo pezzo di carne giapponese preferito.