Aleksa Avramovic: «A Varese sono diventato un uomo. A Caja devo molto»

20.02.2025 08:35 di  Nicolò Masia   vedi letture
Aleksa Avramovic: «A Varese sono diventato un uomo. A Caja devo molto»
© foto di Ciamillo

È intervenuto ai microfoni di "QTBR - Quinto Tempo Bianco Rosso" podcast che parla a 360° del mondo della Pallacanestro Varese, Aleksa Avramovic, guardia ora in forza al CSKA Mosca che ha trascorso 3 anni sotto al Sacro Monte tra le stagioni 16-17, 17-18 e 18-19. Avramovic nella chiacchierata con Erica e Nicolò, i fondatori del podcast (la puntata disponibile a fine articolo), ha ripercorso la sua carriera partendo dagli inizi, di come ha iniziato a giocare a pallacanestro, del passaggio dalle giovanili al professionismo, dell'avventura fuori Varese diviso tra Malaga ed Estudiantes, del ritorno in Serbia al Partizan e il conseguente rapporto con coach Obradovic, dei 3 anni a Varese divisi tra l'amore per il pubblico e il rapporto con coach Caja, dei suoi obiettivi futuri tra cui una possibile chiamata da parte dell'NBA, del rapporto con altro cestitsti serbi tra cui Nikola Jokic e Bogdad Bogdanovic. Infine, Aleksa ha lasciato spazio anche ad alcuni ricordi delle sue stagioni passate alla Pallacanestro Varese, chiudendo la chiacchierata mandando dei messaggi al pubblico varesino. 

I primi passi e il passaggio al professionismo - "Ho iniziato a giocare a pallacanestro dopo i Mondiali del 2002 quando la Serbia vinse l'oro, mi innamorai di Bodiroga e di tutti gli altri giocatori di quell'annata che ci diedero molta felicità, da quel momento dico ai miei genitori che voglio diventare un giocatore di pallacanestro e una volta professionista voglio giocare con la mia nazionale". 

L'esperienza in Spagna a Malaga ed Estudiantes - "Un'esperienza che mi ha fatto crescere dove ho imparato molto. A Malaga non giocavo molto, la gente mi ha saputo aiutare perhè non ero felice del fatto che non giocavo. Col mio agente abbiamo deciso di andare all'Estudiantes dove in 1 anno e mezzo ho giocato bene. Giocare in Spagna è molto difficile, per vincere le partite devi giocare tutti e 40 i minuti perchè la Lega spagnola è indubbiamente la più forte d'Europa. Per giocare in leghe come questa l'importante è la costanza, non puoi fare partite da 30 punti e altre da 3, altrimenti non giochi. Anche il coronavirus ha inciso molto in quegli anni, giocare senza pubblico è stato difficile, io amo quando il palazzetto è pieno di tifosi che incitano la squadra che sia in casa o in trasferta. Anche la distanza dalla famiglia ha inciso molto."

Rappresentare la Nazionale serba - "Giocare per la Nazionale è stato un sogno di infanzia per me. Quando ho iniziato sognavo la Nazionale, ogni volta che indossa la maglia serba sento qualcosa di speciale e di dover dare un po' di più in campo. Giochi per la tua Nazione, la tua gente. Se porti la felicità al tuo pubblico, tutti sono felici. Se vuoi vincere delle medaglie devi dare il 200%, tutti i giocatori che giocano per la Nazionale vogliono una medaglia. Per me ogni medaglia è un oro. Ho giocato ai Mondiali due anni fa, l'anno scorso le Olimpiadi. A Parigi c'erano dieci candidate alla medaglia, non era facile vincerne una. Contro gli Stati Uniti d'America più forte di sempre quasi abbiamo vinto, abbiamo giocato meglio per 30/35 minuti. Ma con quelle squadre non è abbastanza. Con quelle squadre devi giocare 40 minuti. Ma dopo la vittoria contro l'Australia recuperando dal -24, non era facile tornare e vincere. Non voglio cercare scuse, ma dopo il primo tempo con gli USA mi sentivo senza energie. Ero molto stanco. Ma comunque devi fare qualcosa in più. Ma è per quello che abbiamo perso, e poi gli USA avevano i giocatori più forti del mondo".

Tre anni a Varese - "Mi ricordo solo le tante cose positive. Quando abbiamo giocato i playoff dopo un inizio difficile, siamo riusciti a risalire battendo tutti giocando una pallacanestro super. Sono venuto a Varese che ero giovanissimo, 21 anni, sono cresciuto molto. Senza parlare inglese o italiano, solo il serbo. Tutta la gente mi ha aiutato molto, quelli che lavoravano nel club come Max Ferraiuolo, lo chiamo "zio" quando lo sento. Siamo una famiglia con lui e la sua famiglia, ho un rapporto speciale con lui. E anche con Claudio Coldebella, che devo ringraziare. Aveva firmato un giocatore giovane, senza esperienza all'estero. Ha avuto coraggio, ora è dire che ha fatto bene. Ma in quel momento lì è stato una sorpresa per tutti, lo devo ringraziare: è una delle persone più importanti nella mia carriera. E poi c'è Toto Bulgheroni, come un "nonno" per me. Parlavamo tanto, abbiamo passato molto tempo insieme. E poi i giocatori... Ferroro, Natali, Cain, Okoye, Tambone... Tutti. Ho un rapporto incredibile.
I coach? Quando sono arrivato c'era Moretti, mi ha dato i primi minuti in campo. Devo ringraziare anche lui. Poi quando è arrivato Caja non giocavo, era un momento difficile, ma mi diceva che sarei stato un bravo giocatore. Mi voleva spingere, gli devo molto. Ma sono stati momenti che mi hanno reso più forte mentalmente. Varese è la mia seconda casa. Anche perché letteralmente mi sono trasferito dal mio letto in Serbia a Varese. 
Il pubblico? La prima cosa che mi viene in mente è il coro "ale, ale, ale Avramovic". Ho i video conservati sul telefono, è qualcosa che sogni. Le persone che dicono il tuo nome. Non potevo non dare il massimo sul campo, il loro supporto mi dava altra carica. Trovando sempre qualcosa da dare anche se ero stanco. Se dai il massimo in campo hai comprato il rispetto dei tifosi. Li vorrei ringraziare per il sostegno che mi hanno dato in quegli anni. Anche nei momenti difficilissimi che ho avuto nel primo anno. Loro non hanno mai smesso di spingerci, li ringrazio. Mi hanno dato tutto in quel momento, qualcosa che un giocatore sogna".

Obiettivo NBA - "Quando ho firmato per il CSKA con il mio agente abbiamo inserito questa opzione per la NBA. Pensavo se avessi fatto una grande Olimpiadi contro i giocatori migliori del Mondo, voleva dire che potevo giocare contro tutti. Questa storia sulla NBA è vera, ci sono stati contatti con alcune franchigie ma alla fine non è successo niente. Comunque ho detto al mio agente che sono in una posizione win-win, se vado in NBA sarò felice. Altrimenti sono felice comunque perché vado a Mosca, in una delle migliori organizzazioni in Europa, un club che vuole sempre raggiungere gli obiettivi più grandi. Abbiamo vinto la Supercoppa, primo obiettivo, ora abbiamo il secondo obiettivo che è la VTB League. Mi sono concentrato su questo, è una lega fisica, più delle altre. I giocatori russi, ma anche gli stranieri, sono a un livello più fisico. Per questo devo lavorare in palestra".