A2 - Nardò, Mecacci "A Torino non ci siamo presentati. Adesso tolleranza zero"

A2 - Nardò, Mecacci "A Torino non ci siamo presentati. Adesso tolleranza zero"
© foto di SAVINO PAOLELLA

La partita non richiede analisi approfondite e chi volesse farne una la completerebbe in poche righe attingendo agli aggettivi più severi e forse mai usati. HDL Nardò Basket non ha nemmeno provato a giocarsela la sfida del Pala Asti con Reale Mutua Torino. Non c'è stata una contesa, perché dalla palla a due (vinta dai gialloblu) in poi, è stato un lungo e deprimente monologo dei padroni di casa. Una squadra, quella di Boniciolli, che veniva da cinque sconfitte consecutive e che nel primo quarto è apparsa tutt'altro che in giornata, ma che poi inevitabilmente ha trovato la strada spianata da un avversario praticamente assente. E non può essere solo colpa di un approccio sbagliato (è grave, ma può capitare), dell'assenza di Woodson o di qualche altra velleitaria ragione. "Non è stata una partita - ha detto coach Matteo Mecacci - per i meriti di Torino indubbiamente, ma soprattutto perché noi non ci siamo presentati. E questo è inammissibile". 

Sotto la Mole è saltata la tabella di marcia di un gruppo che, dopo il cambio in panchina, stava lentamente ritrovando certezze e che aveva la possibilità di sfruttare l'inserimento di due pedine importanti come Giuri e Pagani. A Cantù, nonostante il ko, si era intravista una squadra abbastanza vicina all'idea di una formazione di lotta e di carattere che deve salvarsi. Nel momento di fare qualche metro in più sul cammino, però, il treno granata è deragliato completamente. "Io sono arrivato da tre settimane - ha continuato l'head coach granata - durante le quali abbiamo lavorato facendo timidi miglioramenti, per esempio nella partita con Cantù. Stasera, però, abbiamo fatto un gigantesco passo indietro. Dico, allora, che io mi sono divertito abbastanza. Adesso non ci sono più prigionieri. Chi vuole stare a Nardò, sta a Nardò combattendo, sudando e giocando a pallacanestro. Poi, si può giocare meglio e si può giocare peggio. Si può pensare che ci mancava un americano che ha 18 di media, tutto quello che volete, ma prima di tutto c'è una dignità. Essere presi in giro da noi stessi a me non sta bene". 

Ricette? Soluzioni? Cosa si fa in una situazione di questo tipo? "All'intervallo credo che gli unici due giocatori con valutazione positiva fossero i due nuovi arrivati, con Pagani che ha fatto solo una settimana di allenamento con noi e Giuri che ha fatto la prima partita dopo i playoff dello scorso anno. Quindi, quello che è successo stasera è inammissibile. Mi dispiace che non ci sia una settimana per lavorare, in ogni caso così non va assolutamente bene. Bisogna guardarsi negli occhi, i giocatori di una squadra che si deve salvare devono avere una faccia diversa e non intendo cose banali come la bava alla bocca, ma intendo che non devono essere spauriti e brancolanti nel buio, non in grado di capire quello che sta succedendo in campo. Ci sono dei problemi tecnici? Ci lavoriamo. Ci sono delle situazioni tattiche? Ci lavoriamo. Si può lavorare peggio e meglio, questo dipende dal sottoscritto. Ma ci deve essere una dignità, che oggi è mancata e non lo accetto. Credo che la squadra già a partire da domani se ne renderà conto in maniera significativa". 

Mecacci ai suoi non risparmia nulla, sapendo che peggio di così è impossibile fare e dovendo trovare parole e concetti che non si potranno più ripetere. "Questa squadra io faccio fatica a decifrarla. Perché andiamo a Cantù e facciamo una partita onesta, anche se la perdiamo. Qui non ci siamo presentati, non dal primo quarto, che è da illecito sportivo, ma dal riscaldamento. Il primo responsabile sicuramente sono io, ora però mi aspetto una reazione. Perché altrimenti fanno bene quelli che ci offendono dalle tribune. Almeno giocare a pallacanestro e con un minimo d'orgoglio, credo sia il minimo". Chissà se sia meglio o peggio rituffarsi subito in campionato mercoledì sera a Lecce con Avellino. Mecacci preferirebbe avere una intera settimana di lavoro a disposizione, "sventrare" il gruppo dal punto di vista tecnico e psicologico, arrivare al nocciolo della questione di una incomprensibile arrendevolezza. Ma il campionato non ha pause e offre un altro incrocio molto duro. A questo punto, però, la tolleranza è finita.