Dino Meneghin sul basket di oggi: «Ogni tanto vedo quei poveri pivot che non toccano palla...»
Tra qualche giorno Dino Meneghin compirà 75 anni. Questa mattina è intervistato da La Gazzetta dello Sport. Unico giocatore italiano nella Hall of Fame. "Quando me l'hanno comunicato pensavo a uno scherzo, davvero. È stata una soddisfazione enorme. Entrare nell'Hall of Fame per un giocatore di basket è come per un pittore avere il proprio quadro appeso al Louvre o al Prado. Ma con me, idealmente, ci sono tutti i miei compagni di squadra, gli allenatori, e tutte le persone con cui ho lavorato. Chi mi ha fatto correre di più? Nikolic, a Varese. Anche se erano tutti dei "bastardi" , tra virgolette ovviamente! Giocare in squadre importanti che puntano a vincere significa massimo impegno, sempre. Poi a fine stagione, alzi la testa e vedi: Coppa Italia, campionato, Coppa Europa, Coppa del Mondo. Era la mentalità che Nikolic ci trasmetteva. La fatica faccettavo, era il modo per arrivare ai risultati. Anche se ho provato spesso a suggerire a Trachelio, il nostro preparatore a Milano, di trovare un modo per allenarsi da seduti. Niente da fare".
Ricordi indelebili. "La prima immagine che mi viene in mente è quella dell'abbraccio con Andrea quando ci siamo incontrati in campo: lui, cresciuto benissimo per merito soprattutto di sua mamma, esordiva a 16 anni a Varese; io ne avevo 40 e giocavo a Trieste. E poi tanti altri: l'argento ai Giochi di Mosca, la finale dell'Europeo a Nantes del 1983. Il primo scudetto vinto a Varese. C'è una foto che mi ritrae nell'iinvasione di campo dei tifosi. Mi avevano fregato i calzoncini e la maglietta ed ero rimasto mezzo nudo in mezzo al campo".
Il basket di oggi. "Lo guardo sempre, soprattutto il campionato italiano e l'Eurolega. Mi piace quando c'è equilibrio tra le soluzioni, movimento di giocatori e palla, quando si cerca il tiro migliore con intelligenza. Non mi piace quando il playmaker palleggia 20 secondi: mi viene il latte alle ginocchia. Se ogni tanto mi scappa un "Ai miei tempi..."? Devo ammettere di sì, quando mi incontro con i vecchi amici, compagni di squadra. Ma ogni tanto vedo quei poveri pivot che non toccano palla...".