Riccardo Pittis: «Mi è sempre piaciuto prendermi responsabilità e ho imparato dai migliori»

Riccardo Pittis: «Mi è sempre piaciuto prendermi responsabilità e ho imparato dai migliori»
© foto di Ciamillo

Intervistato da Jacopo Gerna su “La Gazzetta dello Sport”, Riccardo Pittis ha raccontato della sua nuova vita da stimato speaker motivazionale e mental coach: “Andrea Favaretto mi ha riportato nella giusta direzione. Il percorso ha funzionato alla grande con me. Allora mi sono detto "perché non fare di tutto questo una professione?". Grazie a lui ho iniziato un cammino verso una nuova vita, di grande successo”.

Nel 1986-87 Pittis entra in prima squadra all'Olimpia, assieme a coach Peterson, Mike D’Antoni, Dino Meneghin e Bob McAdoo: “Ero al posto giusto al momento giusto. Ogni allenamento era un clinic, bastava osservarli. Io avevo tanta voglia di imparare oltre al talento. Vi racconto questa: inizia la stagione e Mike mi fa "Ricky sono indietro di condizione, facciamo un po' di uno contro uno?" Immaginate me: il mio idolo mi aveva chiesto di allenarmi con lui. Com'è andata? Un disastro. Palleggiavo e me la rubava, tiravo e me la strappava. Gli stavo attaccato e mi batteva col primo passo. Mi staccavo e investire mi tirava in faccia. Da settembre a dicembre ho fatto sei punti in partite che finivano a venti. Ma col tempo ho imparato a proteggere la palla, a preparare meglio i tiri”.

Pittis ha subito imparato comunque a lasciare il segno: “Nella finale con Caserta ho giocato a un livello che non pensavo di raggiungere: quello scudetto è tra le mie vittorie più belle, assieme alla Coppa Campioni 1988 e al primo scudetto con Treviso. Capitano a 21 anni? Mi è sempre piaciuto prendermi responsabilità e ho imparato dai migliori. E ho avuto grandi allenatori, da Peterson a Messina, Casalini a Obradovic”.